Il fatturato globale dell’agricoltura biologica: verso i 100 miliardi di euro, di cui il 2% in Italia
L’agricoltura biologica è un’agricoltura alternativa rispetto a quella “convenzionale”, sia per quanto riguarda la gestione dell’azienda agricola che la sua produzione. L’obiettivo dell’agricoltura biologica è l’aumento dei livelli di sostanza organica nel suolo, la riduzione o l’eliminazione dell’apporto di fertilizzanti di sintesi, favorendo misure biotecnologiche e insetticidi naturali.
La funzione del metodo biologico è duplice: da un lato esso cerca di rispondere alla domanda (da parte dei consumatori) di alimenti salubri e sicuri; dall’altro, fornisce beni pubblici che contribuiscono alla tutela dell’ambiente, al benessere degli animali e allo sviluppo rurale. [1]
Oggi il nostro Paese non è autosufficiente, in quanto produce solo il 70% di quanto consuma. Se crescesse il bio, si ridurrebbero ancora di più le rese delle nostre terre e, quindi, saremmo costretti ad importare maggiormente. Già oggi si registrano circa 1,7 miliardi di euro di import annuo di grano tenero e grano duro necessari per pane, pasta, biscotti, ecc.; inoltre sono stati calcolati circa 2 miliardi di euro di import di mangimi (in parte OGM) per i nostri allevamenti, da cui arrivano le materie prime per le produzioni di prosciutto crudo e grana. Lo stesso mercato biologico italiano, non riuscendo a soddisfare la domanda interna che esso stesso ha creato, ha causato un crescente flusso di prodotti e materie prime “bio” da Paesi stranieri.
Secondo il rapporto “The World of Organic Agriculture”, nei primi nove mesi del 2018 le produzioni biologiche “Made in Italy” sono aumentate: pesce, carne, legumi, verdure, ma anche pasta, frutta secca, dolci, per non parlare delle indispensabili “bollicine”. Nella prima parte dell’anno si è verificato un aumento di 4.500 unità agricole e ittiche, che ha portato a oltre 62 mila il numero complessivo delle imprese bio operanti in Italia. Negli ultimi quattro anni, circa 27 mila (43,5%) aziende sono state accreditate dal sistema di certificazione nazionale bio; si tratta, per lo più, di realtà localizzate nel Mezzogiorno (54,1%), più del doppio di quelle con sede al Nord (25%) e quasi tre volte quelle del Centro Italia (20,9%). Più della metà (55,3%) delle imprese certificate si concentra in sole cinque regioni: in testa la Sicilia (14,1%), seguita dalla Calabria (13,9%), dalla Puglia (11,3%), dall’Emilia Romagna (8,6%) e dalla Toscana (7,5%). [2]
La strategica sinergia tra agricoltura bio e convenzionale
Numerosi studi dimostrano che la resa delle colture bio è, in media, il 20% in meno rispetto a quella derivante dall’agricoltura convenzionale. Quasi il 40% dei terreni coltivati intensivamente andrà perso entro il 2050, a causa del calo della capacità produttiva. Al contrario, i suoli bio tendono a conservare le loro proprietà biologiche, fisiche e chimiche nel corso del tempo, mantenendo la produttività e garantendo una sicurezza alimentare a lungo termine. Nel prossimo decennio sarà utile reintrodurre la rotazione colturale e l’apporto di sostanza organica per aumentare l’efficacia della fertilizzazione e della lotta a parassiti e agenti patogeni (precision farming), salvaguardando la biodiversità presente nell’ecosistema.
Inoltre, estremo rilievo assumerà la conduzione di studi mirati ad esaminare le potenzialità dell’agricoltura biologica per la produzione di alimenti con un elevato standard qualitativo e nutrizionale, puntando a migliorare l’efficienza produttiva, anche in presenza di superfici coltivate ridotte.
Una possibile strategia potrebbe consiste in un’integrazione tra agricoltura convenzionale e biologica, finalizzata a una sintesi sinergica dei migliori aspetti positivi di entrambe le pratiche e al conseguente raggiungimento di una produzione di elevata qualità che non danneggi l’ambiente e gli ecosistemi presenti.
Anche i sistemi agricoli devono rivalutare un uso alternativo del territorio, preservando porzioni di suolo aziendale per flora e fauna selvatiche; una selvicoltura sostenibile potrebbe, infatti, garantire una maggiore eco-sostenibilità delle imprese agricole. [3]
Secondo numerosi studi, la produzione e il consumo di alimenti biologici riscuotono effetti positivi sulla vita umana, limitando l’impatto negativo delle attività agricole su aria, suolo e biodiversità, riducendo i consumi di fertilizzanti, acqua ed energia. In molti casi, nei prodotti biologici si è riscontrata una concentrazione superiore di composti antiossidanti (per es. i fenoli, benefici per la salute umana) di quella presente nei frutti provenienti da un’agricoltura convenzionale.
Un importante dato, emerso dalle ricerche svolte, è il fatto che il latte biologico presenti un rapporto di acidi omega 3 più elevato rispetto a quello degli omega 6; gli studiosi ritengono che, nella dieta dei paesi occidentali, tale rapporto sia sbilanciato a favore dei secondi. Si ipotizza che tale squilibrio sia alla base di importanti patologie cardiovascolari, di alcuni tipi di neoplasie e di malattie infiammatorie autoimmuni. [4]
Bio distretti ed e-commerce
Un bio-sentiero comprende siti di rilievo agroambientale-sensoriale, che vengono valutati e classificati con una metodologia innovativa messa a punto dall’AIAB (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica) e condivisa con tutti i territori del bio attraverso la Rete Internazionale dei biodistretti (IN.N.E.R.).
L’itinerario eco-turistico racchiude varie manifestazioni del “biologico” di un territorio, tra cui aziende agrituristiche, aree demaniali certificate, siti ambientali di rilievo per la conservazione della biodiversità e delle tradizioni locali e siti culturali in cui l’uomo, in quanto parte della natura, può trovare le condizioni ideali per vivere in armonia, raggiungendo quello stato generale di benessere comunemente definito “star bene”. [5]
La “filosofia del biologico” ha reso molti settori protagonisti del web, non solo come strumento di informazione, ma anche come canale di vendita; negli ultimi anni, quest’ultimo ha registrato un successo inaspettato, grazie all’attenzione suscitata da valori come la sostenibilità, l’eticità dei fornitori, la tipicità e le garanzie del biologico.
La qualità delle materie prime italiane è supportata e garantita dall’innovazione digitale, fondata sulla politica della “massima resa minima spesa”; questa strategia si applica sia ai prodotti DOP che ai prodotti biologici presenti sul nostro territorio. Il biologico e l’e-commerce stanno diventando due facce della stessa medaglia, due aspetti sui quali bisogna investire. Grazie alla GDO, Il biologico è uscito dalla nicchia in cui è nato per conquistare il cuore del mass market; i dati relativi al 2018 confermano il trend positivo degli alimenti prodotti in maniera biologica, il cui mercato complessivo è arrivato a superare i 3,5 miliardi di euro di fatturato, ossi l’8% in più rispetto ai 12 mesi precedenti (Nielsen). Il comparto biologico è aperto alla ricerca e alla sperimentazione; per questo motivo, si presta alla formazione di reti e alla cooperazione tra produttori, aziende e altri stakeholders. [6]
[1] L. Ciccarese, V. Silli; (2015). Energia Ambiente Innovazione
[2] EFA News – European Food Agency Srl; (2019). Continua la crescita del biologico a livello mondiale
[3] Seufert V., Ramankutty N. & Foley J.A. (2012). Comparing the yields of organic and conventional agriculture
[4] CRA (2012). La qualità nutrizionale dei prodotti dell’agricoltura biologica
[5] R. Basile, L. Madiai, edizioni Area51 (2014). Andare a piedi e in bicicletta, manuale di mobilità sostenibile
[6] EFA News – European Food Agency Srl (2019). Boom di latte e yogurt biologici nel carrello della spesa degli italiani
Chiara Mastrolia
Laurea in “Scienze e Tecnologie Alimentari” presso la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Bari “A. Moro” nel 2013. Tecnologo Alimentare Senior n. 244, Ordine dei Tecnologi Alimentari regione Puglia. Tecnico ispettore Produzione Biologica, Consulente HACCP, Assaggiatore olio d’oliva e Sommelier dell’olio extra vergine d’oliva, Docente e Formatore.