Indice
I parametri che influenzano la crescita microbica: quali sono?
Prima di addentrarci nella conoscenza specifica dei microrganismi come indicatori di qualità e sicurezza alimentare è necessario, a mio avviso, fare un veloce passaggio su quali siano i fattori che favoriscono o limitano la crescita dei batteri negli alimenti. Questi saranno poi la leva che il tecnologo alimentare potrà usare per monitorare ed eventualmente debellare la crescita di microrganismi patogeni negli alimenti.
La crescita dei microrganismi negli alimenti di origine animale o vegetale è influenzata da diversi parametri. Le caratteristiche dei tessuti animali e vegetali (che sono parte integrante dei tessuti stessi) vengono definiti parametri intrinseci, e comprendono:
- pH
- contenuto di umidità (aw)
- potenziale di ossido riduzione (Eh)
- contenuto di nutrienti
- costituenti antimicrobici
- strutture biologiche.
I parametri estrinseci, invece, sono indipendenti dal substrato e possono essere definiti come l’insieme delle caratteristiche dell’ambiente di conservazione, che influenzano sia gli alimenti sia i microrganismi in essi presenti. Quelli di maggior importanza per lo sviluppo dei microrganismi di interesse alimentare sono:
- temperatura di conservazione;
- umidità relativa;
- presenza e concentrazione di gas;
- presenza e attività di altri microrganismi.
Dallo studio e conoscenza di questi parametri è possibile quindi constatare, ad esempio, che un alimento a basso contenuto di acqua libera e di nutrienti sarà un substrato poco ideale per la crescita batterica, oppure che un alimento con un potenziale di ossido riduzione negativo permetterà in modo più facile lo sviluppo di batteri anaerobi a discapito di quelli aerobi.
Indicatori di qualità e microbiologica e di sicurezza degli alimenti
Innanzi tutto credo sia importante dare una definizione di shelf life il più condivisa possibile nell’ambiente scientifico delle tecnologie alimentari: “periodo di tempo che corrisponde, in definite circostanze (packaging, trasporto, clima, condizioni di trasporto), a una tollerabile diminuzione della qualità di un prodotto confezionato”.
La complessità e la variabilità del problema di shelf life derivano sia dalla molteplicità delle possibili situazioni diverse di confezionamento e conservazione, sia dal fatto che la durabilità di un alimento confezionato è, in ogni circostanza, funzione di numerose variabili
Variabili che è possibile riferire:
- alla composizione dell’alimento, come la carica microbica, il pH, l’attività dell’acqua, la concentrazione di soluti, presenza di inibitori o promotori e catalizzatori;
- all’ambiente, come effetti della luce, della temperatura di conservazione, dell’umidità, della concentrazione di ossigeno;
- al suo imballaggio, che riguardano direttamente il packaging come la barriera ai gas, alla trasparenza alla luce, alla permeabilità al vapor acqueo, alla sua capacità di resistere alle sollecitazioni meccaniche e termiche e nella sua inerzia nel contatto con l’alimento.
Le tre categorie di fattori, dunque, non possono essere considerate in modo indipendente in quanto, nella maggior parte dei casi, interagiscono influenzandosi vicendevolmente.
Soffermandoci sugli indicatori di qualità microbiologica degli alimenti, essi sono microrganismi e/o loro metaboliti la cui presenza in determinati alimenti, a definite concentrazioni, può essere impiegata per valutare la qualità o meglio, per predire la shelf life del prodotto. In generale, gli indicatori di qualità più attendibili tendono ad essere specifici per un prodotto, che nella realtà sono microrganismi alteranti il cui aumento di concentrazione determina una perdita di qualità del prodotto. Alcuni esempi sono il Bacillus spp. negli impasti del pane, i batteri lattici nel vino o il Clostridium spp. nei formaggi a pasta dura (Fig. 1).
Per quanto concerne invece gli indicatori di sicurezza microbiologica, essi sono impiegati più frequentemente per valutare la sicurezza e l’igiene degli alimenti. Un indicatore della sicurezza di un alimento deve soddisfare alcuni importanti criteri:
- essere facilmente e rapidamente rilevabile;
- essere facilmente distinguibile da altri componenti della microflora dell’alimento;
- essere sempre presente quando è presente il microrganismo patogeno di interesse;
- essere presente in concentrazione correlata con il patogeno di interesse;
- avere esigenze nutrizionali e velocità di crescita uguali o superiori a quelle del patogeno;
- avere una velocità di distruzione non superiore a quella del patogeno di interesse e tendenzialmente persistere un po’ più a lungo di quest’ultimo;
- essere assente o presente in quantità minima negli alimenti esenti dal patogeno di interesse.
Esempi classici di indicatori di sicurezza microbiologica sono i coliformi, Enterococchi ed E. coli come indicatori di contaminazione fecale.
Criteri microbiologici per gli alimenti
L’idea di fissare dei limiti microbiologici per alcuni alimenti per definire la sicurezza o la qualità complessiva risale all’inizio del 1903, quando Marxer suggerì per gli hamburger di carne un limite di conta aerobia su piastra di 106 UFC/g. Successivamente i limiti microbiologici sono stati sviluppati e codificati in molte leggi nazionali, Europee e internazionali con restrizioni non sempre omogenee.
I criteri microbiologici rientrano in due categorie principali: obbligatori e raccomandati. Un criterio obbligatorio è uno standard microbiologico che normalmente stabilisce limiti solo per i microrganismi patogeni di interesse per la salute pubblica (Salmonella spp o Listeria monocytogenes) solitamente definiti da leggi o regolamenti comunitari.
Un criterio microbiologico raccomandato è una specifica microbiologica per un prodotto finale intesa ad assicurare il mantenimento dell’igiene, oppure una linea guida microbiologica applicata in uno stabilimento alimentare durante o dopo la produzione per monitorare le condizioni igieniche (Fig. 2).
Sarà compito del tecnologo alimentare definire un buon criterio microbiologico per l’alimento prodotto nella sua azienda e per il processo produttivo intrapreso. Il Codex Alimentarius definisce il criterio microbiologico in cinque componenti fondamentali:
- microrganismi interessati e/o loro tossine;
- metodi analitici per la loro identificazione e quantificazione;
- piano che includa quando e dove devono essere prelevati i campioni;
- limiti microbiologici considerati appropriati per l’alimento in specifici punti della catena alimentare;
- numero di unità campionarie che devono essere conformi a questi limiti.
In molti casi la legislazione UE ci aiuta a definire tutti questi parametri in base all’alimento che vogliamo analizzare. Il Regolamento UE 2073/2005 definisce i criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari ed è stato di recente integrato dal Regolamento UE 365/2010 e dal Reg. UE 229/2019.
Ad esempio il Reg. UE 2073/2005 nel suo allegato 1 definisce alcuni criteri di sicurezza alimentare come la ricerca di Salmonella che deve essere assente in 25 g di prodotto per frutta e ortaggi pretagliati pronti al consumo, molluschi bivalvi vivi, prodotti a base di uova, …
Inoltre il Regolamento sopra citato definisce dei criteri di igiene di processo come ad esempio, nella carne macinata, la ricerca di E. coli e conteggio delle colonie aerobiche oppure la ricerca di Stafilococchi coagulasi positivi con i relativi limiti e standard di campionamento, nel formaggio a latte crudo.
Conclusioni
L’analisi microbiologica degli alimenti e dei processi produttivi nell’industria alimentare rappresenta l’aspetto fondamentale per garantire la sicurezza e qualità igienica del prodotto e degli ambienti. Una conoscenza approfondita della materia permette al tecnologo alimentare e al responsabile Assicurazione Qualità aziendale di prevedere e monitorare la qualità dei suoi alimenti e conferire al mercato prodotti salubri e idonei al consumo umano secondo le normative vigenti.
L’applicazione del sistema HACCP o degli standard qualità di prodotto come BRC o IFS richiedono un piano di campionamento preciso e un’ analisi microbiologica degli alimenti secondo criteri legislativi ma anche volontari in base alla capacità degli operatori dell’industria alimentare di utilizzare la microbiologia alimentare come strumento di sostegno e miglioramento continuo.
Come abbiamo visto, l’interpretazione dei dati microbiologici di un alimento necessità di una multidisciplinarità di informazioni di cui un tecnologo dispone grazie alla propria formazione universitaria e l’esperienza che può maturare nelle industrie alimentari. Per garantire tutto questo l’industria alimentare e la GDO devono investire in conoscenze e professionalità che gli possano essere d’aiuto in un settore che è strategico per la qualità igienica e la sicurezza alimentare dei propri alimenti venduti.
[1] Microbiologia degli alimenti. Jay, Loessner e Golden. Springer. 2009
[2] L’Atmosfera Protettiva. Torri, M. R. Baroni e B. Baroni. Food Packages Free Press. 2008
[3] Food Hygiene, Microbiology and HACCP. Hayes PR. Aspen Publishers. 1998
[4] Regolamento UE 2073/2005 della Commissione del 15 novembre 2015 sui criteri microbiologici applicati ai prodotti alimentari e successive integrazioni e modifiche.
Marco Fusca
Dott. Frusca Marco, classe 1984. Laureato magistrale in Qualità e Sicurezza dell’Alimentazione Umana presso l’Università degli Studi di Milano. Da nove anni impiegato nel Dipartimento Assicurazione Qualità- Ricerca e Sviluppo presso l’azienda Sirap Gema SpA di Verolanuova (BS), leader UE nel mercato degli imballaggi alimentari. Appassionato di tecnologie alimentari, microbiologia alimentare e conservazione degli alimenti.