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Processi produttivi e fermentativi delle olive da mensa
Le olive da mensa (chiamate anche olive da pasto o olive da tavola) sono largamente consumate in tutto il mondo, ma la cultura di questo antico prodotto affonda le sue radici nel bacino del Mediterraneo.
Proprio in questa zona geografica sono nate le prime lavorazioni delle drupe, alcune sono rimaste artigianali ed empiriche, altre sono state industrializzate ed ottimizzate grazie al progresso scientifico.
La lavorazione delle drupe, atte alla produzione di olive da pasto, ha come obiettivo il raggiungimento di un livello di amarezza accettabile, il miglioramento delle caratteristiche organolettiche e l’ottenimento di un prodotto alimentare salubre [1,2].
Le principali lavorazioni utilizzate sono:
- In stile spagnolo o sivigliano: che prevede la deamarizzazione delle drupe utilizzando soluzioni diluite di idrossido di sodio (NaOH), seguite da fasi di lavaggio, definite di dealcalinizzazione, per rimuovere l’eccesso di soda ed infine la conservazione in salamoia [2].
- In stile californiano: in cui le olive vengono deamarizzate con una soluzione di idrossido di sodio a bassa concentrazione e successivamente annerite, tramite trattamento ossidativo, insufflando aria sotto pressione. Queste procedure sono alternate fino all’ottenimento del prodotto finale che viene conservato in salamoia [2].
- In stile greco o naturale in salamoia: che prevede la deamarizzazione delle drupe con fasi alternate di immersione in salamoia e lavaggio con acqua. Questo processo di deamarizzazione è molto lungo ed il prodotto finale spesso è conservato in salamoia [2].
I processi fermentativi che si verificano a carico delle olive da mensa nella fase di conservazione in salamoia, sono dovuti alla presenza di un pool microbico molto ampio composto da lieviti, muffe, batteri Gram-negativi e batteri Gram-positivi tra cui i batteri lattici [3].
Quest’ultimi sono definiti anche Lactobacillus o più semplicemente LAB (Lactic Acid Bacteria) e sono dei batteri il cui metabolismo, mediante fermentazione lattica, converte lattosio e altri zuccheri in acido lattico.
La fermentazione delle olive da pasto può essere suddivisa in più fasi che non devono tutte necessariamente avvenire.
In una prima fase fermentativa si sviluppano principalmente Batteri Gram-negativi (tra cui Enterobacter e Citrobacter) ma anche lieviti e muffe pectinolitici e cellulolitici.
Questi microorganismi inducono effetti negativi sulla drupa, poiché producono sacche di gas all’interno del frutto e rammollimento dei tessuti vegetali, ma determinano anche l’abbassamento del pH della salamoia.
Quest’ultimo fenomeno è fondamentale per la seconda fase fermentativa, che inizia quando il pH è circa 6.0 e dura fino allo sviluppo dei batteri lattici. Durante questa fase i batteri Gram-negativi ed alcune muffe e lieviti diminuiscono progressivamente, mentre si sviluppano microrganismi fermentativi che inducono un ulteriore abbassamento del pH [3].
Questo favorisce la proliferazione di un’ampia varietà di LAB nella terza fase fermentativa ad un pH di circa 5.6. Tra i Lactobacillus predominano i L. plantarum e L. pentosus, ma si sviluppano anche lieviti del genere Saccharomyces, Pichia e Candida.
Queste fermentazioni producono sostanze organolettiche gradevoli contribuendo ad esaltare le proprietà sensoriali uniche delle olive da mensa [4].
La fermentazione lattica determina l’abbassamento del pH a valori minori di 4.0, ciò provoca l’inibizione di qualsiasi attività fermentativa, stabilizzando dal punto di vista microbiologico l’alimento.
Durante la conservazione, in assenza di pastorizzazione, le olive possono subire una quarta fase fermentativa, tendenzialmente indesiderata, indotta da microrganismi acidovori, come i batteri propionici che metabolizzano acido lattico per produrre acido acetico e acido propionico [3].
La facile proliferazione dei microorganismi nelle drupe è dovuta ai numerosi nutrienti presenti all’interno di esse e alla patina di cera idrofobica che avvolge i frutti e sulla quale essi aderiscono.
Arricchimento delle olive in probiotici con l’utilizzo di colture starter
I tempi delle fasi fermentative, i microorganismi inziali e le eventuali alterazioni delle drupe, sono delle variabili fortemente condizionate dai trattamenti di deamarizzazione e dealcalinizzazione, dalle condizioni della salamoia (salinità, pH iniziale e temperatura), ma anche dalla cultivar delle olive e dall’ambiente che le circonda [5].
Pertanto, i processi fermentativi spontanei delle olive da mensa non sono completamente prevedibili. Dal punto di vista produttivo, ciò provoca una certa variabilità del prodotto finale e persino potenziali perdite di alcuni lotti a causa di alterazioni indesiderate.
Per questi motivi, spesso, viene fatto uso di colture starter cioè colture microbiche selezionate che inducono processi fermentativi conosciuti.
L’introduzione di colture starter riduce la proliferazione dei microrganismi patogeni e lo sviluppo di alterazioni indesiderate, inoltre migliora i processi produttivi, riducendo i tempi di produzione e migliorando la qualità del prodotto finale [6].
Le colture starter inoculate posso essere di due tipi:
- Naturali: composte da un pool di microorganismi che colonizzano spontaneamente le drupe. Queste colture startersono caratterizzate, generalmente, da una notevole biodiversità difficilmente riproducibile, ma che contribuisce alle proprietà organolettiche del prodotto [7].
- Selezionate: composte da uno o più ceppi microbici, selezionati in base alle loro specifiche caratteristiche. Queste colture contribuiscono in maniera minore alle proprietà organolettiche del prodotto rispetto agli starternaturali, ma contrastano fortemente la proliferazione dei microorganismi indigeni, tramite una crescita rapida e predominante o attraverso la produzione di sostanze antimicrobiche [7].
Le colture starter maggiormente utilizzate sono composte da LAB (come Lactobacillus plantarum e Lactobacillus pentosus), utilizzati singolarmente o con altre specie di batteri o lieviti. Negli ultimi anni, diversi studi si sono focalizzati anche sullo sviluppo di colture starter di lieviti (come Wickerhamomyces anomalus e Saccharomyces cerevisiae), anch’essi utilizzati singolarmente o con alcuni batteri [6].
Quindi, le olive da mensa possono essere definite un alimento funzionale poiché contengono batteri probiotici, come i LAB, che hanno un effetto di protezione per l’organismo umano [6].
Infatti, diversi Lactobacillus indigeni delle drupe (come L. paracasei, L. casei e L. paraplantarum) e presenti nei ceppi starter (come L. plantarum e L. pentosus) hanno la capacità di aderire alle cellule umane che compongono il tratto gastrointestinale, inibendo la crescita di agenti patogeni e svolgendo un’azione antimicrobica [8,9].
A tal proposito, olive da mensa ottenute con colture starter sono in fase di brevettazione come alimenti funzionali (patent application EP2005/0104138).
Si sta inoltre valutando la produzione di olive da pasto in cui sono introdotti batteri probiotici normalmente non presenti nelle drupe [10].
Conclusioni
Perché consumare questo alimento fin troppo sottovalutato?
Quello delle olive da mensa è un prodotto fin troppo sottovalutato ma possiamo affermare che esse non sono solo un prodotto sfizioso che fa da “cornice” ad un pasto, ma sono un alimento funzionale ed una valida alternativa ai prodotti lattiero-caseari, contenti notoriamente LAB, per l’assunzione di probiotici ed il miglioramento della flora intestinale.
Ciò vale soprattutto per quella parte di popolazione che presenta intolleranza al lattosio, valori di colesterolo elevati o segue un’alimentazione vegetariana.
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[1] IOOC, International Olive Oil Council. (2004). Trade standard applying to table olives. https://www.internationaloliveoil.org/wp-content/uploads/2019/11/COI-OT-NC1-2004-Eng.pdf
[2] Fernández A.G.; Díez M.J.F.; Adams M.R. Table Olives: Production and Processing; Chapman & Hall: London, UK, 1997; p. 478.
[3] Lanza B. Abnormal fermentations in table-olive processing: Microbial origin and sensory evaluation. Front. Microbiol. 2013, 4, 91. https://doi.org/10.3389/fmicb.2013.00091
[4] Arroyo-López F. N.; Querol A.; Bautista-Gallego J.; Garrido-Fernández A. Role of yeasts in table olive production. Int. J. Food Microbiol. 2008, 128, 189-196.
https://doi.org/10.1016/j.ijfoodmicro.2008.08.018
[5] Botta C.; Cocolin L. Microbial dynamics and biodiversity in table olive fer mentation: culture-dependent and -independent approaches. Front. Microbiol., 3 (2012), p. 245. https://doi.org/10.3389/fmicb.2018.00595
[6] Perpetuini G.; Prete R.; Garcia-Gonzalez N.; Alam M.K.; Corsetti, A. Table Olives More than a Fermented Food. Foods 2020, 9, 178. https://doi.org/10.3390/foods9020178
[7] Corsetti A.; Perpetuini G.; Schirone M.; Tofalo R.; Suzzi G. Application of starter cultures to table olive fermentation: an overview on the experimental studies. Front. Microbiol. 2012, 3, 248.
https://doi.org/10.3389/fmicb.2012.00248
[8] Pérez Montoro B.; Benomar N.; Lavilla Lerma L.; Castillo Gutiérrez S.; Gálvez A.; Abriouel H. Fermented Aloreña table olives as a source of potential probiotic Lactobacillus pentosus strains. Front. Microbiol. 2016, 7, 1583. https://doi.org/10.3389/fmicb.2016.01583
[9] Guantario B.; Zinno P.; Schifano E.; Roselli M.; Perozzi G.; Palleschi C.; Uccelletti D.; Devirgiliis C. In vitro and in vivo selection of potentially probiotic lactobacilli from Nocellara del Belice table olives. Front. Microbiol. 2018, 9, 595. https://doi.org/10.3389/fmicb.2018.00595
[10] Ruiz-Barba J.L.; Caballero-Guerrero B.; Maldonado-Barragán A.; Jiménez-Díaz R. Coculture with specific bacteria enhances survival of Lactobacillus plantarum NC8, an autoinducer-regulated bacteriocin producer, in olive fermentations. 2010, 27, 413-417. https://doi.org/10.1016/j.fm.2009.10.002
Fabio Salafia
Dottore di Ricerca in Chimica ed attualmente assegnista di ricerca in chimica degli alimenti, Fabio Salafia si dedica da anni allo studio di alimenti funzionali e di sostanze nutraceutiche tramite tecniche analitiche avanzate. La sua curiosità e la sua voglia di sperimentare lo hanno sempre spinto verso progetti innovativi.