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Scarti agroalimentari: un’introduzione
Nel 2021 la FAO ha dichiarato che ogni anno vengono persi e sprecati circa 1,6 miliardi di tonnellate di cibo [1]. Questi sprechi così ingenti hanno un impatto negativo sull’ambiente, sull’economia e sulla società: influiscono sui cambiamenti climatici, causano una diminuzione delle risorse naturali ed energetiche e, infine, peggiorano la qualità della vita delle popolazioni più povere [2].
Per far fronte a queste problematiche, il 25 settembre 2015, l’ONU ha approvato e siglato un programma d’azione che riguarda il pianeta, le persone e la prosperità. Questo programma è conosciuto come Agenda 2030 e consta di 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile [3]. È proprio il Goal 12 che ha come traguardi dimezzare lo spreco alimentare globale e ridurre la produzione di rifiuti attraverso la prevenzione, la riduzione, il riciclo e il riutilizzo. Per facilitare il raggiungimento di questi obiettivi, è possibile consultare l’Allegato II della comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo relativa alla comunicazione interpretativa sui rifiuti e sui sottoprodotti, il quale, tramite uno schema, aiuta a stabilire se un materiale è da ritenersi rifiuto o sottoprodotto [4].
Suddetti temi sono alla base di numerose ricerche scientifiche volte proprio alla valorizzazione degli scarti agroalimentari che vengono impiegati soprattutto in campo mangimistico. Infatti, questi scarti possono contenere diversi composti bioattivi in grado di migliorare le caratteristiche nutrizionali e tecnologiche della carne, prolungandone, talvolta, anche la shelf-life.
Utilizzo di sottoprodotti e scarti agroalimentari: casi studio
Le diverse ricerche sperimentali che sono state portate avanti hanno caratterizzato diversi sottoprodotti come le buccette di nocciola [5], i sottoprodotti di pomodoro [6] e di bergamotto [7].
Buccette di nocciola
La buccetta di nocciola (Fig. 2) rappresenta un prezioso sottoprodotto grazie al suo alto contenuto di acidi grassi insaturi, polifenoli e vitamine [5]. La sua inclusione nell’alimentazione dei ruminanti potrebbe ridurre i costi per gli allevatori e migliorare le caratteristiche nutrizionali e sensoriali della carne. Uno studio condotto [5] ha dimostrato che l’utilizzo di 150 g/kg di questo specifico sottoprodotto come sostituto del mais nella dieta degli agnelli ha un effetto positivo sul colore della carne.
Secondo la rappresentazione del colore CIELab*, la presenza di questi sottoprodotti porta ad un incremento dei valori di L*, di a* e di b*, denotando carni più rosse e più luminose (Tabella 1). Ciò avviene grazie ai composti polifenolici che, avendo potere antiossidante, ritardano l’ossidazione lipidica e, di conseguenza, rallentano il cambiamento di colore della carne dopo la macellazione.
Un recente studio [8], invece, ha indagato sull’introduzione del 2,5% di questo scarto direttamente all’interno della formulazione di hamburger di suino dimostrandone l’elevato potere contro l’ossidazione lipidica, il miglioramento del rapporto ω6/ω3 e un aumento il contenuto di acidi grassi polinsaturi (PUFA).
Bucce e semi di pomodoro
Anche gli scarti di lavorazione del pomodoro sono stati oggetto di studio per ricercare gli eventuali effetti positivi sulla qualità della carne suina di razza Nero Siciliano [6]. La buccia e i semi di pomodoro (Fig. 3), infatti, oltre ad essere ricchi di fibre, proteine e grassi, sono anche ricchi di aminoacidi essenziali [9, 10], di acidi grassi insaturi, principalmente dagli acidi linoleico e oleico, e di antiossidanti naturali, tra cui il licopene. Quest’ultima componente fa in modo che si possa contrastare il potenziale effetto pro-ossidante di un maggior contenuto di PUFA nel muscolo [11]. Tenendo conto di quanto detto, questa ricerca ha valutato la sostituzione del 15% di mais con la polpa di pomodoro, con lo scopo di migliorare le caratteristiche qualitative della carne, con particolare attenzione sulla composizione acidica e sulla stabilità ossidativa.
I suini sono stati divisi in due gruppi, uno avente una dieta convenzionale e l’altro in cui il 15% di mais è stato sostituito dal prodotto di scarto. Osservando la tabella 2 si nota come la dieta non convenzionale (TOM) abbia ridotto il contenuto di grasso intramuscolare, di acidi grassi saturi e monoinsaturi (SFA e MUFA), e abbia aumentato la concentrazione dei polinsaturi (PUFA) e il rapporto ω6/ω3 nella carne. Inoltre, nonostante l’aumento di PUFA e di composti antiossidanti, la polpa di pomodoro non ha influito sulla stabilità ossidativa della carne.
Polpa di bergamotto
Un altro lavoro ha indagato, invece, sull’inclusione delle polpe di bergamotto fermentate nei mangimi destinati ai suini, al fine di studiare i possibili effetti sulla qualità della carne e del salame. Il bergamotto è un frutto tipico calabrese (Fig. 4) che viene utilizzato specialmente per la produzione di succhi e per l’estrazione del suo olio essenziale [7]. Gli scarti di lavorazione possono causare importanti problemi di inquinamento ambientale per via della difficoltà di smaltimento, proprio per questo motivo si valutano continuamente delle strategie sostenibili per ovviare al problema. I sottoprodotti del bergamotto sono stati in passato caratterizzati da Mandalari et al. 2006 [12]: è stato dimostrato che all’interno della buccia è presente una notevole quantità di flavonoidi e altri composti benefici per la salute umana: hanno infatti proprietà anticancro, antibatteriche, antiossidanti e antifungine [13].
Inizialmente i sottoprodotti degli agrumi venivano utilizzati soltanto nei mangimi destinati ai ruminanti, per via del contenuto in fibre, successivamente, invece, questi ultimi sono stati inclusi anche nell’alimentazione dei monogastrici come una valida strategia per controllare la deposizione di grasso, soprattutto nelle razze locali [7]. Nella ricerca di Scerra et al 2021, i suini di razza Apulo-Calabrese sono stati alimentati ad libitum e sottoposti a due diversi trattamenti dietetici: uno di controllo e uno con l’aggiunta del 15% di polpa di bergamotto insilata (BP).* Non è stato osservato nessun effetto sul peso corporeo finale né sul peso della carcassa. Il totale degli acidi grassi saturi e monoinsaturi non è stato significativamente diverso tra i gruppi, mentre la concentrazione di acidi grassi polinsaturi è aumentata nel gruppo alimentato con BP. Questa dieta ha, inoltre, aumentato la concentrazione di acidi ω3 nel muscolo e diminuito l’indice di trombogenicità rispetto alla dieta di controllo [7]. L’ossidazione lipidica della carne non è stata influenzata dai trattamenti dietetici mentre: come si può osservare dalla Fig. 5, si sono riscontrati dei valori inferiori di TBARS nei salami provenienti da animali alimentati con BP dopo i 5 giorni di conservazione, evidenziando quindi una maggiore resistenza ai fenomeni ossidativi [7].
Conclusioni
A fronte di quanto riportato, risulta fondamentale portare avanti gli studi sull’impiego di scarti e sottoprodotti agroalimentari, poiché permettono di sfruttare al meglio queste risorse alternative e, di conseguenza, di ridurre i costi di produzione dei mangimi e arricchirli con composti bioattivi, di migliorare la qualità della carne, di impattare meno sull’ambiente non dovendo smaltire i prodotti di scarto e, infine, di favorire la sostenibilità e l’economia circolare.
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[1] FAO, 2021.
[2] D. Gunal-Koroglu, E. Erskine, G. Ozkan, E. Capanoglu e T. Esatbeyoglu, « Applications and safety aspects of bioactives obtained from by-products/wastes,» in Advancese in Food and Nutrition Research, 2023, pp. 213-214.
[3] ONU, «Agenda 2030,» 2015.
[4] C. d. C. Europee, «COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO,» Bruxelles, 2007.
[5] A. Della Malva, A. Santillo, A. Priolo, R. Marino, M. Ciliberti, A. Sevi e M. Albenzio, «Effect of hazelnut skin by-product supplementation in lambs’ diets: implications on plasma and muscle proteoms and first insight on the underlying mechanisms,» Journal of Proteomics, pp. 1-13, 14 ottobre 2022.
[6] L. Biondi, G. Luciano, D. Cutello, A. Natalello, S. Mattioli, A. Priolo, M. Lanza, L. Morbidini, A. Gallo e B. Valenti, «Meat quality from pigs fed tomato processing waste,» Meat Science, pp. 1-9, 4 settembre 2019.
[7] M. Scerra, F. Foti, P. Caparra, C. Cilione, R. Rao, A. Priolo, A. Natalello, G. Luciano e L. Chies, «Effect of feeding pigs with bergamot by-product on fatty acid composition and oxidative stability of meat and salami,» Meat Science, pp. 1-9, 26 agosto 2021.
[8] K. D’Ambra, G. Minelli e D.P. Lo Fiego, «Effect of Hazelnut skin and dry tomato peel on the oxidative stability, chemical and sensory properties of pork burgers during refrigerated storage,» Food Packaging and Shelf life, 2023.
[9] M. Del Valle, M. Càmara e M. Torija, «Chemical characterization of tomato pomace,» Journal of the science of food and agriculture, vol. 86, n. 8, pp. 1232-1236, 2006.
[10] M. Kehili, L. Schmidt, W. Reynolds e e. al., «Biorefinery cascade processing for creating added value on tomato industrial by-products from Tunisia,» Biotechnol biofuels, vol. 9, n. 261, 2016.
[11] A. Rao, Z. Waseem e S. Agarwal, «Lycopene content of tomatoes and tomato products and their contribution to dietary lycopene,» Food research international , vol. 31, n. 10, pp. 737-741, 1998.
[12] G. Mandalari, R. Bennett, G. Bisignano, A. Saija, G. Dugo, R. Lo Curto, C. Faulds e K. Waldron, «Characterization of Flavonoids and Pectins from Bergamot (Citrus bergamia Risso) Peel, a Major Byproduct of Essential Oil Extraction,» Journal of Agricultural and Food Chemistry, vol. 54, pp. 197-203, 2006.
[13] J. Kaur e G. Kaur, «An insight into the role of citrus bioactives in modulation of colon cancer,» Journal of functional foods, vol. 13, pp. 239-261, 2015.
Roberta Trovato
Grazie alla profonda passione per il settore alimentare ha ottenuto la laurea Triennale in Scienze e Tecnologie Alimentari presso l’Università di Catania e, successivamente, ampliato le proprie competenze in Controllo e Sicurezza degli alimenti presso l’Università di Modena e Reggio Emilia. Attualmente assegnista presso UNIMORE dove collabora attivamente ad un progetto di ricerca che si occupa di utilizzare scarti agroalimentari in campo zootecnico con l’obiettivo di migliorare la qualità della carne.