Con un percorso innovativo che perdura da oltre 50 anni, Amadori è ancora mossa da una vera “passione di famiglia”, anche se la gestione è sempre più manageriale. Il Gruppo mira a garantire un costante sviluppo lungo tutta la sua filiera integrata, 100% italiana, puntando su una crescita tecnologica e sempre più sostenibile, incrementando la produzione energetica da fonti virtuose, riducendo gli sprechi e valorizzando ogni risorsa.
Product Innovation Manager presso Amadori, Fabio Beninati è stato nostro ospite in questa intervista “A tu per tu con l’innovazione”, donando alla Community nozioni e consigli frutto della propria esperienza di vita e professionale.
Laureato all’Università di Parma, ha lavorato al suo primo brevetto grazie alla tesi sperimentale con la formulazione di un prodotto nutraceutico innovativo: un prosciutto cotto senza zuccheri aggiunti addizionato di inulina. Nonostante il brevetto gli abbia permesso la firma di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, sceglie comunque di spostarsi a Dublino, dove lavora prima come ricercatore alla UCD, e poi in un pastificio nel reparto R&D.
Trasferitosi nuovamente, a Londra la sua carriera inizia a brillare. Assunto in un’azienda di gelati, le sue competenze lo portano a ricevere numerosi premi, tra cui il British Frozen Food Federation Award, e l’onore di rappresentare il Regno Unito all’European Championship of Gelato a Berlino. Assunto da Unilever si immerge in seguito in un mondo tanto vasto quanto promettente: progetta infatti delle bustine di tè compatte, che lo portano a depositare due brevetti nel 2016 e 2017, prima di tornare in Italia.
Essendo iscritto all’albo dei Tecnologi Alimentari dal 2003, Beninati racconta che ha potuto beneficiare dell’iscrizione anche dall’estero, quando ha richiesto il sostegno dell’Ordine per necessità professionali. L’iscrizione infatti non è soltanto obbligatoria per potersi fregiare del titolo, ma fornisce anche il grande vantaggio di entrare a far parte di un network di professionisti. “Riguardo la paura di essere ‘troppo qualificati’, penso che in realtà sia una questione legata al fatto che le skills presentate non coincidano con la job description. Non si è mai troppo qualificati, c’è sempre da imparare. Di continuo.”
Ci si è poi chiesti quale fosse la scelta migliore tra un corso di specializzazione post-Laurea o una specializzazione plasmata con la carriera. Per Fabio Beninati la scelta va soppesata in funzione dell’attitudine e della linearità di pensiero: se le idee sono chiare, è opportuno seguire i corsi necessari a raggiungere il proprio obiettivo; in caso contrario, è consentito sperimentare. Rimarca però il fatto che non esista il curriculum perfetto, molte volte infatti la scelta del candidato varia in funzione delle skills richieste dalla specifica posizione. A supporto, espone come esempio la recente assunzione di un ragazzo che dopo aver conseguito la Laurea triennale in Scienze e Tecnologie Alimentari, ha completato gli studi con due anni di Economia. “E le sue skills matchavano”.
“Le skills si acquisiscono provando, essendo curiosi e mettendo in pratica nozioni che provengono anche da ambiti diversi, e che poi magari applicherai in un lavoro completamente diverso e ti permetteranno di distinguerti.”
Beninati ha poi illustrato il ruolo del Product Innovation Manager. Lo scopo di questa figura è quello di scoprire, con un occhio all’esterno e uno all’interno dell’azienda, le idee innovative applicabili poi a nuovi prodotti su scala industriale. Per Beninati le tecnologie più interessanti sono quelle che riescono a rendere il prodotto microbiologicamente stabile, senza però alterarne le caratteristiche fisiche e nutrizionali. Ampliando lo sguardo ad una visione aziendale, approfondisce le dinamiche che accompagnano la proposta di un modello di tecnologia innovativa: quando implementata infatti, essa dev’essere supportata da un’adeguata analisi SWOT, da un piano business che evidenzi costi e benefici, e deve tenere conto delle nuove richieste dei consumatori, portando al coinvolgimento di stakeholders, reparto marketing e reparto produttivo.
Parlando di prodotti innovativi l’attenzione si è focalizzata poi sui prodotti plant based. Il discorso è guidato da un presupposto critico, ovvero il grado di sovrappopolazione del pianeta, che sarà contraddistinto da una proporzionale domanda proteica difficile da soddisfare. L’interrogativo che Beninati si pone riguarda l’attuale inclinazione del mercato alla richiesta di meat analogues, argomentando che effettivamente per raggiungere il profilo amminoacidico di un prodotto carneo, abbiamo già a disposizione soluzioni semplici e al contempo efficaci, come la pasta e fagioli, o legumi come la cicerchia in grado di fornire amminoacidi essenziali all’uomo e al contempo rifornire di sostanze azotate il terreno. Spiega però che molti prodotti plant based risultano nella loro formulazione ricchi di aromi, additivi e conservanti che rischiano di ripercuotersi negativamente sul processo digestivo. A livello personale, infatti, trova più stimolante la produzione di Clean Meat.
Una panoramica finale sugli insetti è d’obbligo. Beninati spiega che la farina di insetti è già ampiamente utilizzata in Nord Europa come ingrediente destinato alla mangimistica per il settore ittico, e in futuro ne arricchirà la formulazione destinata ad altri tipi di allevamento.
Riguardo l’entomofagia umana il discorso cambia. Va tenuto conto in questo caso della valutazione dell’indice di conversione degli insetti, e dei costi di implementazione di severi controlli necessari a garantire la totale salubrità della filiera. Il costo economico finale, rispetto alla produzione mangimistica, ne risulta conseguentemente amplificato.
L’intervista si è conclusa infine con la richiesta di un parere professionale. Dalla Community ci si domanda se l’esperienza in reparto R&D unitamente a quella in food legislation, possa essere propedeutica a svolgere in futuro un servizio di consulenza in Italia e in Europa, e se tale professione sia remunerativa. Beninati puntualizza che l’ambito legislativo non si concilia con la mobilità lavorativa, in quanto le leggi variano strettamente da Stato a Stato. Espone però l’esistenza di diversi studi legali che attualmente collaborano con aziende alimentari, sottolineando la natura fluida e in costante rinnovamento di un settore che necessita di figure competenti e in continuo aggiornamento, e di conseguenza proporzionalmente remunerate. Conclude con la rassicurazione che sì, di lavoro in quest’ambito ce n’è.
Fabio Beninati
Tecnologo Alimentare (iscrizione Albo OTA n.87) lavora da quasi 20 anni nello sviluppo di nuovi prodotti alimentari lanciati sul mercato Italiano e Internazionale in diverse aziende alimentari con svariati prodotti: ready meals, pasta, gelati, beverage, etc. Passione e Innovazione che hanno guidato un percorso arricchito da diversi premi, pubblicazioni e due brevetti fin ora.
In Amadori, all’interno dell’R&D, si occupa di tutta quell'area di prodotto adiacente al “core business” o assolutamente “disruptive” per l’azienda. Quindi con un radar sempre acceso su nuove tecnologie, trend e innovazioni provenienti anche da diversi settori.