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La pesca a strascico e le problematiche ad essa associate
Parlando degli scarti della pesca a strascico dobbiamo partire con le definizioni.
Lo strascico è un metodo di pesca che consiste nel trainare attivamente una rete sul fondo del mare mediante l’utilizzo di un’imbarcazione.
Le prime notizie riguardanti questa pratica, risalgono alla metà del 1300. Successivamente si è via via sviluppata fino al raggiungimento della sua massima applicazione nel diciannovesimo secolo con l’industrializzazione della pesca [5; 8].
Inizialmente la pesca a strascico era fatta in zone costiere, ma successivamente, con l’impoverimento in queste zone della fauna marina, si è spostata in mare aperto [9].
Oggi secondo l’articolo 14, punto 2, del Reg. (CE) N. 1967/2006 la pesca a strascico è vietata entro tre miglia nautiche dalle zone costiere, o entro i cinquanta metri di profondità, se tale profondità è raggiunta a distanze inferiori.
Le reti utilizzate per la pesca a strascico hanno generalmente una forma conica e possono essere divise in tre parti: il sacco, il ventre e la bocca (Fig. 1).
La superficie a contatto con il fondo è armata con piombi e catene affinché si vada a smuovere il sedimento per far venir fuori eventuali specie rintanate. Invece, sulla parte superiore della rete si trovano strutture galleggianti con la funzione di tenere aperta la parte d’ingresso.
Ai lati della bocca si trovano due strisce di rete con forma triangolare, chiamate ali, le quali hanno il compito di tenere la bocca aperta per consentire l’ingresso del pescato, queste collegano la rete al peschereccio agganciandosi a strutture chiamate porte.
Affinché l’operazione di strascico sia efficiente, è necessario che l’imbarcazione viaggi a bassa velocità.
Tra gli attrezzi da pesca, lo strascico è quello più attenzionato dalle autorità e dal legislatore per l’impatto sui fondali e per la grande quantità di by-catch generati soprattutto riguardo al prodotto di scarso o nullo valore commerciale oltre che del sotto-taglia.
Per questo motivo le rilevazioni sono state principalmente condotte su imbarcazioni che utilizzavano questo attrezzo di pesca.
La proporzione di catture accessorie o by-catch rispetto alla quantità generale del pescato commerciale stabilisce il livello di sostenibilità del sistema di pesca [6; 7].
Tali catture accessorie possono essere vendute ugualmente, ma talvolta possono risultare indesiderate o inutilizzabili per ragioni normative ed economiche e quindi respinte in mare morte o morenti [1; 4].
Al by-catch appartengono (Fig 2) le specie vietate dalle normative vigenti, tra cui ritroviamo le specie protette e le specie provviste di taglia minima di pesca, e le specie considerate come scarti della pesca. Quest’ultime comprendono le specie danneggiate durante le operazioni di pesca, raccolta e trasporto e quelle di scarso o nullo valore commerciale.
La FAO nell’ultimo report sugli scarti della pesca del 2019 ha stimato, per la sola regione del Mar Mediterraneo e del Mar Nero, una quota annuale degli scarti intorno alle 250.000 tonnellate, mentre il valore mondiale complessivo si assesta intorno a 9,1 milioni di tonnellate.
Tra i vari metodi di pesca lo strascico ha mostrato la più alta percentuale di scarti della pesca con valori assoluti mondiali compresi tra 2 e 2,7 milioni di tonnellate
Elaborazione di prodotti alimentari innovativi
Dopo aver capito qualcosa in più sugli scarti della pesca a strascico, vediamo dei possibili impieghi alternativi per il pesce.
Il pesce, data la sua composizione, è un alimento povero in acidi grassi saturi ma ricco di acidi grassi polinsaturi omega-3, è una fonte di proteine, minerali, vitamine e povero in carboidrati.
Per la sua preparazione però, può richiedere tempo ed abilità, il che va in contrasto con le attuali esigenze della maggior parte dei consumatori, i quali, visti gli attuali trend e ritmi di vita, preferiscono prodotti dall’elevata qualità di servizio.
Invece, se lo si trova già allo stato trasformato, si può spingere la popolazione a consumarne una quantità maggiore. Inoltre può risultare maggiormente appetibile per i consumatori più giovani, che spesso sono i più riluttanti al gusto del pesce fresco o a chi vuole semplicemente variegare la propria dieta [2].
Per questo motivo, il dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli si è focalizzato nella realizzazione di prodotti ready-to-use e ready-to-eat. Durante l’intero progetto sono stati messi a punto diverse tipologie di prodotti, come, ad esempio, dei wurstel ittici.
Il concept alla base dello sviluppo di questo prodotto è stato di realizzare un alimento di ampia popolarità nella fascia di consumatori giovani con caratteristiche sensoriali che lo rendessero appetibile anche ai consumatori riluttanti al sapore o aspetto dei prodotti ittici [2].
Si sono realizzate due differenti tipologie di wurstel: una cui si è aggiunto pomodoro per ottenere un colore rosato, più simile ad equivalenti di carne di maiale (Fig. 3). Invece, l’altra è stata realizzata cmediante l’utilizzo di alga Nori per attrarre i consumatori più salutistici e per creare un prodotto innovativo (Fig. 4).
Per la formulazione è stato adottato il metodo utilizzato da uno studio consultato [3], a partire dal quale è stata formulata la seguente ricetta:
1 Kg di filetti di pesce macinati, 150 g di olio, 24 g di amido di patata, 15 g di doppio concentrato di pomodoro o in alternativa 10 g di alga Nori in polvere, 15 g di miscela di spezie nostrane e 15 g di sale.
Utilizzo del pescato sotto la taglia minima di riferimento
Le catture accessorie non sono solo costituite da specie prive di mercato, ma nelle reti a strascico possono anche essere pescati esemplari sotto la taglia minima di riferimento (allegato III del Reg. (CE) N. 1967/2006).
Questi prodotti non possono essere destinati all’alimentazione umana. Tuttavia, l’articolo 15 del Reg. (CE) N. 1380/2013 ne impone l’obbligo di sbarco per una sua destinazione alla produzione di ingredienti base di mangimi per animali, additivi alimentari, prodotti destinati alla cosmetica e alla farmaceutica.
Nell’ambito della ricerca, oltre ai pesci sotto-taglia, sono stati anche adoperati gli scarti della pesca derivanti dalla produzione dei wurstel (lische, pelle, pinne, ecc.), in un’ottica di economia circolare.
Il tutto quindi, è stato utilizzato per l’estrazione di componenti dall’elevato valore biologico, come l’olio di pesce (noto per l’alto contenuto di acidi grassi essenziali) ottenuto mediante trattamenti chimici, e della componente proteica che può essere una buona fonte di peptidi bioattivi, mediante idrolisi enzimatica.
Conclusioni
L’obiettivo di questo studio è stato di dimostrare che a partire dai soli by-catch della pesca del Mediterraneo, è possibile realizzare una catena di valore a vantaggio sia dei pescatori, sia della collettività con la creazione di nuove imprese e quindi di posti di lavoro. In questo modo si ridurrebbero gli scarti della pesca e si creerebbe valore tramite un’economia circolare.
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[1] Catchpole T L, Tidd A N, Kell L T, Revill A S, Dunlin G. (2007). The potential for new Nephrops trawl designs to positively effect North Sea stocks of cod, haddock, and whiting. Fisheries Research, 86:262–7.
[2] Esposti R, Lucatelli S, & Peta E A. (2008). Strategie di innovazione e trend dei consumi in Italia: il caso dell’agro-alimentare. Materiali UVAL, 15.
[3] Hajfathalian M, Jorjani S, & Ghelichi S. (2019). Characterization of fish sausage manufactured with combination of sunflower oil and fish oil stabilized with fish roe protein hydrolysates. Journal of Food Science and Technology, 57(4), 1439-1448.
[4] Harrington J M, Myers R A, Rosenberg A A. (2006). Wasted fishery resources: discarded by-catch in the USA. Fish and Fisheries, 6:350–61.
[5] Myers RA, Worm B, (2003) Rapid worldwide depletion of predatory fish communities. Nature 423(6937):280–283.
[6] Pauly D, Christensen V, Dalsgaard J, Froese R, Torres Jr FJ. (1998). Fishing downmarine food webs. Science; 279:860–3.
[7] Pauly D, Christensen V, Guenette S, Pitcher TJ, Walters CJ. (2002). Towards sustainability in world fisheries. Nature; 418:689–95.
[8] Roberts C, (2007). The Unnatural History of the Sea (Island Press, Chicago, IL).
[9] Thurstan RH, Brockington S, Roberts CM, (2010). The effects of 118 years of industrial fishing on UK bottom trawl fisheries. Nat Commun 1:15.
Giovanni Fiorile
Laureato in Scienze e Tecnologie Alimentari presso l’Università di Napoli, successivamente borsista di ricerca, attualmente è Dottorando in Food Science presso il dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli. La sua ricerca si focalizza sulla creazione di metodi sensoriali innovativi per il riconoscimento delle specie ittiche del Mediterraneo, contro le frodi ittiche e in attività di blockchain.