• Home
  • Blog
    • Ricerca e Sviluppo
    • Qualità
    • Produzione
    • Sostenibilità
    • Normativa
    • Logistica
    • Marketing
  • Magazine
  • Newsletter
  • Podcast
  • Eventi
No Result
View All Result
Food Hub Media
  • Home
  • Blog
    • Ricerca e Sviluppo
    • Qualità
    • Produzione
    • Sostenibilità
    • Normativa
    • Logistica
    • Marketing
  • Magazine
  • Newsletter
  • Podcast
  • Eventi
No Result
View All Result
Food Hub Media
No Result
View All Result

Ad ogni birra il suo “lievito”: caratteristiche ed utilizzi

La birra è un sistema chimico complesso il cui flavour è ottenuto dall’interazione dei composti volatili in parte prodotti dal metabolismo dei lieviti. I microorganismi utilizzati possono provenire anche da altri substrati derivati da altre lavorazioni. La vera sfida futura sarà identificare ed adattare i microrganismi esterni più idonei ai processi tecnologici noti.

21 Gennaio 2023
in Blog, Ricerca e Sviluppo
Reading Time: 10 mins read
A A
Condividi su LinkedInCondividi su FacebookCondividi su Whatsapp

Indice

Quali sono gli ingredienti della birra?

La birra è costituita da centinaia di composti chimici provenienti direttamente dalle materie prime che sono derivati dal processo produttivo. L’acqua è il principale costituente (90-94%) ma, ovviamente, è la restante parte ciò che la caratterizza e la rende unica. [1].

Secondo la legislazione italiana, la birra è il prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica, con ceppi di lievito Saccharomyces carlsbergensis o Saccharomyces cerevisiae, di un mosto preparato dal malto, anche torrefatto, di orzo o di frumento o di loro miscele ed acqua, amaricato con luppolo o suoi derivati o entrambi. 

Dal 2016, è poi stata introdotta anche la definizione di birra “artigianale” nella quale, oltre ai volumi di produzione limitati, è prevista anche ”… l’assenza, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione…”. [2]

Con l’aggiunta della definizione “artigianale”, il lievito diventa uno degli elementi chiave in quanto il concetto di artigianalità può essere inteso sia come assenza di “appiattimento”, causato dal trattamento termico, sia per il mantenimento della “vitalità” del prodotto. Ogni birra artigianale è un ecosistema in continua evoluzione.

Ma cosa apporta il lievito a produzioni come quella della birra? Come è noto, questo organismo unicellulare eucariota ha la capacità di convertire gli zuccheri, presenti principalmente nel malto d’orzo, in etanolo ed anidride carbonica. 

La parte più interessante del metabolismo fermentativo, in produzioni come la birra, è data dalla produzione di metaboliti secondari come alcoli superiori, esteri, aldeidi, chetoni, dichetoni vicinali, idrocarburi e acidi organici, che contribuiscono alla caratterizzazione del flavour. [3] Un esempio di schema di metabolismo è riportato in Fig. 1.

birra foto 1
Fig.1 – Uno schema delle principali vie metaboliche all'interno della cellula del lievito che contribuiscono alla sintesi di alcoli superiori ed esteri durante la fermentazione del mosto (3).

Birre convenzionali e non: il ruolo dei lieviti

Alcuni stili di birra sono caratterizzati proprio dallo specifico ceppo di lievito utilizzato in fermentazione e, in alcuni casi, anche durante la rifermentazione in bottiglia [4].

Tipiche sono le birre belghe come Saison e  Blanche, (Fig.2) caratterizzate dalla presenza di esteri prodotti durante il processo fermentativo che danno note fruttate e fenoliche (es: 4-vinylguaiacolo) e la birra Weizen tedesca, caratterizzata dalla presenza di isoamyl-acetato che conferisce sentore di banana. (Fig.3)

Fig.2 – Esempio di profilo sensoriale di lievito utilizzato per birre Saison belga.

Per ottenere una complessità ancora maggiore, questa tipologia di birra ha bisogno anche di un periodo di rifermentazione e/o invecchiamento.

Fig.3 – Esempio di profilo sensoriale di lievito utilizzato per birre di frumento tedesche.

Frequente, infatti, è l’utilizzo di tappi di sughero che favorendo lo scambio di ossigeno con l’esterno, contribuisce allo sviluppo di altri metaboliti provenienti dalla “giungla” di cellule ancora vitali. 

Ad esempio, in un recente lavoro si è osservata l’evoluzione ed il cambiamento della composizione del flavour in 28 mesi di invecchiamento di birre lambic [14]. 

Ad esempio, alcuni esteri identificati nella birra dopo 3 mesi di maturazione, non si sono poi ritrovati nella birra al termine della sperimentazione e viceversa. Il metabolismo dei numerosi “abitanti” ha favorito l’evoluzione e la sintesi di nuovi composti non presenti nella birra giovane. Questi cambiamenti sono stati ritrovati anche in altri classi di composti analizzati come alcoli ed acidi e ovviamente nei marker di invecchiamento come aldeidi e chetoni. [14]

Un’altra applicazione di associazione tra altri microrganismi e i lieviti classici è la birra a basso contenuto alcolico. 

In questo caso, si sfrutta la minor capacità di produrre etanolo e la maggiore produzione di metaboliti secondari di alcuni lieviti. In questo modo si mantiene il titolo alcolometrico volumico nei limiti di legge ottenendo comunque un prodotto con una buona caratterizzazione aromatica. 

Diversi studi proseguono verso la messa a punto di nuove birre poco alcoliche attraverso l’identificazione di nuovi ceppi di lievito non convenzionali che siano in grado di fermentare parzialmente il maltosio pur mantenendo una discreta produzione di composti volatili [5] [6]. 

Tuttavia, da normativa italiana, non è possibile utilizzare solamente questi lieviti per ottenere un prodotto con denominazione “birra”.

In altri studi di associazione microbica si è valutata la possibilità di utilizzare due ceppi di lieviti, in aggiunta ad un lievito commerciale standard, per aumentare la complessità aromatica ad una birra convenzionale. 

È stato ottenuto un aumento di esteri acetati, in particolare, il phenylethyl acetato è stato rilevato al di sopra della soglia di percezione, arricchendo il profilo sensoriale del prodotto finito [11]. 

In un’altra sperimentazione, invece, sono stati presi in esame due ceppi differenti di Torulaspora delbrueckii e Metschnikowia pulcherrima, successivamente utilizzati per fermentare un substrato di orzo e sorgo. 

Essi, non solo hanno contribuito a migliorare il flavour tramite la produzione di alcoli superiori, ma hanno anche migliorato le caratteristiche di bevibilità diminuendo il corpo ed aumentando la dolcezza, metabolizzando i carboidrati complessi in zuccheri semplici. [12]

Rifermentazione in bottiglia: nuove sfide per la birrificazione

Come già detto, gli aromi possono derivare direttamente dalle materie prime, dal processo produttivo, dalla fermentazione in tank e dalla rifermentazione in bottiglia.

Quest’ultima è tipica delle produzioni artigianali ed è caratterizzata dall’aggiunta di substrato zuccherino e da un tempo di “riposo” a temperatura controllata. Questa fase, oltre a portare alla formazione e alla dissoluzione dell’anidride carbonica, può essere utilizzata per la formazione di metaboliti secondari.

Le potenzialità della rifermentazione in bottiglia sono state valutate attraverso lo studio dei profili sensoriali di due prototipi di birra ottenuti dall’utilizzo di diversi lieviti commerciali (Nottingham® e Safbrew S-33®) posti a differenti temperature (20°C e 30°C) con substrati zuccherini differenti (Saccarosio e Siromix®) (Fig. 4).

birra foto 5
Fig.4 – Disegno sperimentale.

Di queste birre sono stati analizzati i parametri standard, utili alla caratterizzazione del mosto, con particolare attenzione agli amminoacidi in quanto questi entrano a far parte delle vie metaboliche degli alcoli superiori.

In seguito alla fase di fermentazione, si è proceduto ad imbottigliare i diversi prototipi con i due tipi di zucchero ponendoli a due differenti temperature. I campioni sono stati analizzati sotto il profilo zuccherino (analisi HPLC) e volatile (analisi GC-MS) in quattro tempi per un totale di un mese di rifermentazione.

Parallelamente, è stata effettuata anche l’analisi sensoriale con panel addestrato in tutti i tempi e per tutti i prototipi ottenuti.

In conclusione, sono stati ottenuti otto differenti profili aromatici nei prototipi allo stadio finale osservando anche comportamenti differenti nella produzione/assorbimento di metaboliti secondari a seconda della combinazione delle tre variabili [4].

Conclusioni

Nel settore birrario, i lieviti, date le infinite variabilità genetiche, rappresentano un inesauribile fonte di diversificazione del prodotto. Oltre alla scelta del ceppo, anche le condizioni del substrato nelle quali si fa “lavorare” il ievito sono fondamentali al fine di ottenere il risultato desiderato. Oltre allo sviluppo di nuovi aspetti tecnologici, le ultime ricerche si sono concentrate nel trovare nuovi ceppi provenienti da altre lavorazioni alimentari, da valutare ed eventualmente utilizzare per la produzione di birra [7] [8] o nella selezione di microrganismi che permettano di ottenere un prodotto funzionale [9] [10].

In conclusione, Il mondo dei lieviti per birra è complesso ed è in continua evoluzione con una visione estremamente multidisciplinare. Sarà questo l’ingrediente chiave dei futuri studi di settore?

Speriamo che tu abbia trovato la lettura di questo articolo sulle caratteristiche e gli utilizzi dei lieviti nella birra interessante. Per altri contenuti simili, consulta la sezione Blog del nostro sito web. E se vuoi restare sempre al passo con le ultime novità in fatto di Agrifood, iscriviti alla nostra Newsletter!

Bibliografia

[1] Author 1, A.B.; Author 2, C. Title of Published Work. Journal Name, Year.

 

[1] Buiatti S. 20 - Beer Composition: An Overview. Beer in Health and Disease Prevention, Academic Press, 2009.

[2] legge 16 agosto 1962, n. 1354 - Gazzetta Ufficiale

[3] Pires E. J.; Teixeira J. A.; Brányik T.; Vicente A. Yeast: the soul of beer’s aroma—a review of flavour-active esters and higher alcohols produced by the brewing yeast. Applied Microbiology and Biotechnology, 2014.

[4] Marconi O.; Rossi S.; Galgano F.; Sileoni V.,; Perretti G. Influence of yeast strain, priming solution and temperature on beer bottle conditioning. Journal of the Science of Food and Agriculture, 2016.

[5] De Francesco G.; Turchetti B.; Sileoni V.; Marconi O.; Perretti G. Screening of new strains of Saccharomycodes ludwigii and Zygosaccharomyces rouxii to produce low-alcohol beer. The Institute of Brewing & Distilling, 2015.

[6] De Francesco G.; Sannino C.; Sileoni V.; Marconi O.; Filippucci S.; Tasselli G.; Turchetti B. Mrakia gelida in brewing process: an innovative production of low alcohol beer using a psychrophilic yeast strain. Food Microbiology, 2018.

[7] Johansson L.; Nikulin J.; Juvonen R.; Krogerus K.; Magalhães F.; Mikkelson A.; Nuppunen-Puputti M.; Sohlberg E.;De Francesco G.; Perretti G.; Gibson B. Sourdough cultures as reservoirs of maltose-negative yeasts for low-alcohol beer brewing. Food Microbiology, 2021.

 

[8] Rodríguez Madrera R., Pando Bedriñana R., Suárez Valles B.; Evaluation of indigenous non‐Saccharomyces cider yeasts for use in brewing. European Food Research and Technology, 2021.

[9] Pereira de Paula B.; de Souza Lago H.; Firmino L.; Lemos Júnior W.J.F.; Dutra Corrêa M. F.; Guerra A. F., Signori Pereira K., Zarur Coelho M.A. Technological features of Saccharomyces cerevisiae var. boulardii for potential probiotic wheat beer development. LWT, 2021.

[10] Yedid Ramírez-Cota G.; Oliver López-Villegas E.; Jiménez-Aparicio A. R.; Hernández-Sánchez H.; Modeling the Ethanol Tolerance of the Probiotic Yeast Saccharomyces cerevisiae var. boulardii CNCM I-745 for its Possible Use in a Functional Beer. Probiotics and Antimicrobial Proteins, 2020.

[11] Bourbon-Melo N.; Palma M.; Pinto Rocha M.; Ferreira A.; Rosário Bronze M.; Elias H.; Sá-Correia I. Use of Hanseniaspora guilliermondii and Hanseniaspora opuntiae to enhance the aromatic profile of beer in mixed-culture fermentation with Saccharomyces cerevisiae. Food Microbiology, 2021.

[12] Einfalt D.; Barley-sorghum craft beer production with Saccharomyces cerevisiae, Torulaspora delbrueckii and Metschnikowia pulcherrima yeast strains. European Food Research and Technology, 2021.

[13] Thompson Witrick K.; Duncan S.E.; Hurley K.E.; O’Keefe S.E.. Acid and Volatiles of Commercially-Available Lambic Beers. Beverages, 2017

[14] Witrick K.; Pitts E.R.; O’Keefe S.F. Analysis of Lambic Beer Volatiles during Aging Using Gas Chromatography–Mass Spectrometry (GCMS) and Gas Chromatography–Olfactometry (GCO). Beverages, 2020.

Stefano Maranghi

Stefano Maranghi

Tecnologo Alimentare con la passione per l’innovazione e per le bevande fermentate, Stefano Maranghi ha collaborato con il CEntro di Ricerca per l’eccellenza della Birra (CERB) in vari settori (Ricerca, Qualità, Audit, Laboratorio) e ora si occupa di Controllo Qualità e Ricerca&Sviluppo per l’Industria Alimentare.

LinkedIn
Tags: dieta sostenibilesostenibilità dei prodotti alimentari
Previous Post

Ep. 6 – How food product development can satisfy human nutritional needs?

Next Post

How food product development can satisfy human nutritional needs?

Food Hub Media

Food Hub Srl SB
P. IVA 04598540401
Via Martiri della Libertà, 14C
47521 Cesena (FC)​

Risorse utili

  • Informativa Privacy
  • Cookie Policy
  • Imprint

Seguici

No Result
View All Result
  • Home
  • Blog
    • Ricerca e Sviluppo
    • Qualità
    • Produzione
    • Sostenibilità
    • Normativa
    • Logistica
    • Marketing
  • Magazine
  • Newsletter
  • Podcast
  • Eventi

Food Hub Srl SB
P. IVA 04598540401
Via Martiri della Libertà, 14C
47521 Cesena (FC)​

Welcome Back!

Login to your account below

Forgotten Password?

Retrieve your password

Please enter your username or email address to reset your password.

Log In

Add New Playlist

-
00:00
00:00

Queue

Update Required Flash plugin
-
00:00
00:00