Indice
Cos’è l’amido resistente
Per amido resistente (RS) si intende “la somma dell’amido e dei prodotti della sua degradazione non assorbiti a livello del piccolo intestino, ma fermentati nei tratti intestinali distali in soggetti in salute” [1].
Come sottolineato in un parere scientifico dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare [2], alimenti contenenti almeno il 14% dell’amido totale sotto forma di RS possono promuovere effetti ipoglicemici e agire come modulatori del microbiota intestinale.
Inoltre, grazie ad analoghe proprietà fisiologiche, la frazione RS è stata inclusa a partire dal 2001 nella più ampia definizione di fibra alimentare [1].
In linea generale, la maggior parte degli alimenti amidacei di comune utilizzo contiene una porzione di RS in quantità variabile, passando da valori superiori al 15-20% dell’amido totale per i legumi, a valori prossimi al 2-4% dell’amido totale per la pasta di semola di grano duro e i principali prodotti da forno.
Inoltre, alimenti integrali e controparti raffinate presentano un livello simile di amido resistente.
Aumento di amido resistente: quali strategie?
Uno degli approcci più utilizzato per la creazione di prodotti da forno con percentuali significative di amido resistente si basa sulla selezione di ingredienti dall’alto contenuto nominale in RS, derivati da cereali con caratteristiche distintive in termini di chimica dell’amido.
Occorre tuttavia fare una precisazione.
Per definizione, la frazione di RS è suddivisa a sua volta in 4 sottocategorie:
- RS1 (amido fisicamente inaccessibile);
- RS2 (granuli di amido nativo);
- RS3 (amido retrogradato);
- RS4 (amido chimicamente modificato).
Molto spesso l’attenzione degli operatori del settore, focalizzandosi principalmente sulla ricerca di sfarinati nativi, considera solo la frazione RS2.
Tuttavia, se il fine ultimo è quello di creare un prodotto da forno ricco di RS, tale scelta non è competitiva, poiché la frazione RS2 viene quasi del tutto persa (fino a valori prossimi all’80 %) a seguito del trattamento termico (cottura) a cui deve essere sottoposto l’alimento [3].
Un approccio innovativo si basa invece sull’utilizzo in ricetta di ingredienti dall’alto contenuto in RS3 (amido resistente retrogradato).
Sappiamo che il processo di cottura, in presenza di adeguati volumi di acqua e in funzione del tempo di trattamento termico, contribuisce in modo significativo ad aumentare il grado di gelatinizzazione dell’amido e la digeribilità di tale componente.
Tuttavia, durante le fasi di raffreddamento, una porzione di amido gelatinizzato subisce il fenomeno di retrogradazione, portando alla creazione di regioni cristalline difficilmente accessibili all’idrolisi enzimatica, ovvero di frazioni di RS di tipo 3.
Sfruttando questo processo risulta quindi possibile controllare la retrogradazione spontanea degli amidi dopo trattamento termico, al fine di massimizzare il processo e quindi la formazione di frazioni di amido ricche di RS3.
Dal punto di vista pratico, si dovrà quindi sottoporre l’ingrediente fonte di RS2 a dei processi idro-termici (in dettaglio nella sezione 3) utili a convertire la frazione RS2 in RS3 (stabile).
L’amido RS3 ha una maggiore stabilità termica rispetto alla frazione RS2 (circa 4-5 volte superiore) e assicura quindi la stessa quota di amido resistente nei prodotti da forno di largo consumo ottenibile solo con più elevate quantità di ingredienti nativi contenenti RS2, evitando, o limitando, possibili effetti negativi su texture, sapore e shelf-life [4].
Innovazione di processo
Al fine di creare RS3 partendo da fonti native (RS2), i processi tecnologici più utilizzati includono, ma non sono limitati a, trattamenti idro-termici, applicazione di cicli di riscaldamento-raffreddamento e/o modifiche catalizzate da enzimi.
Queste procedure assicurano cambiamenti irreversibili nella struttura dell’amido nativo, contribuendo non solo a ottimizzare la stabilità termica della frazione resistente, ma anche ad aumentarne la sua porzione, grazie alla formazione di strutture di amido retrogrado impacchettate tra loro e dalla maggiore resistenza [5].
In particolare, i trattamenti idro-termici sono schemi procedurali in cui vengono impiegati bassi livelli di umidità (< 35 %) e alte temperature (90-120 °C), mentre le procedure definite “annealing” si riferiscono a trattamenti condotti a livelli di umidità maggiori, ma con l’impiego di temperature solitamente inferiori a quelle di gelatinizzazione [5].
I tempi di processo invece sono molto variabili poiché possono essere impiegati cicli di circa 3-4 ore o, in funzione del tipo di amido, cicli termici che possono arrivare anche alle 20 ore di trattamento.
Inoltre, una parziale idrolisi enzimatica può contribuire alla formazione di RS3, grazie alla creazione di brevi catene lineari con elevata mobilità che possono partecipare a processi concatenati di ri-arrangiamento e ri-cristallizzazione dell’amido durante il raffreddamento [6].
Va tuttavia sottolineato che ogni amido, caratterizzato da distinte proprietà fisico-chimiche (rapporto amilosio/amilopectina, forma e dimensione dei granuli di amido, diversa distribuzione di zone amorfe e cristalline ecc.) avrà una risposta differente in termini di creazione di RS3 e stabilità termica della frazione creata, se sottoposto allo stesso tipo di trattamento termico/enzimatico.
Conclusioni
Se si considerano lo stato attuale della ricerca inerente alla creazione e l’impiego di tali ingredienti ricchi di RS3, la verifica dell’applicabilità di tali processi tecnologici, i costi legati alla loro realizzazione e la pianifica del corretto set-up in termini di impianti e condizioni di processo, incrementare l’impiego di amido resistente potrebbe essere una nuova strada di ricerca e sviluppo scientificamente percorribile.
In questo modo si potrà ampliare il bacino di ingredienti e prodotti funzionali dall’alto valore aggiunto, con effetti benefici a livello di salute e riconosciuti dalle linee guida internazionali.
Speriamo che tu abbia trovato la lettura di questo articolo sulle tecnologie relative all’amido resistente interessante. Per altri contenuti simili, consulta la sezione Blog del nostro sito web. E se vuoi restare sempre al passo con le ultime novità in fatto di Agrifood, iscriviti alla nostra Newsletter!
[1] Raigond, P., Ezekiel, R., Raigond, B. 2015. Resistant starch in food: a review. J. Sci. Food Agric. 95, 1968-1978. https://doi.org/10.1002/jsfa.6966
[2] EFSA, 2011. European Food Safety Authority, Scientific Opinion on the substantiation of health claims related to resistant starch and reduction of post-prandial glycaemic responses (ID 681), “digestive health benefits” (ID 682) and “favours a normal colon metabolism” (ID 783) pursuant to Article 13(1) of Regulation (EC) No 1924/2006. EFSA Panel on Dietetic Products, Nutrition and Allergies (NDA). EFSA J. 9, 2024-2041.
[3] Haralampu, S.G. 2000. Resistant starch, a review of the physical properties and biological impact of RS3. Carb. Polym. 41, 285-292. https://doi.org/10.1016/S0144-8617(99)00147-2
[4] Giuberti, G., Gallo, A. 2018. Reducing the glycaemic index and increasing the slowly digestible starch content in gluten-free cereal-based foods: a review. Int. J. Food Sci. Technol. 53, 50-60. https://doi.org/10.1111/ijfs.13552
[5] Pratiwi, M., Faridah, D.N., Lioe, H.N., 2018. Structural changes to starch after acid hydrolysis, debranching, autoclaving-cooling cycles, and heat moisture treatments (HMT): a review. Starch/Stärke 70, 1700028. https://doi.org/10.1002/star.201700028
[6] Thompson, D.B. 2000. Strategies for manufacture of resistant starch. Trends Food Sci. Technol. 11, 245-253. https://doi.org/10.1016/S0924-2244(01)00005-X
Gianluca Giuberti, PhD
Ricercatore Tipo B presso Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari per una filiera agro-alimentare Sostenibile – DiSTAS; Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali; Università Cattolica del Sacro Cuore
Piacenza.