Indice
La proposta di Regolamento della Commissione europea su DOP e IGP e gli “impegni di sostenibilità”
Il 31 marzo scorso, la Commissione europea ha adottato una proposta di regolamento [1] volta a modificare il sistema delle indicazioni geografiche per i prodotti vitivinicoli, agricoli e alimentari, la cui disciplina è attualmente contenuta nei Regolamenti n. 1308/2013 e n. 1151/2012 [2].
Tra le novità strettamente connesse al tema della sostenibilità, vi è quella relativa al riconoscimento, ai gruppi a tutela delle DOP e IGP (Fig. 1), della possibilità di adottare i cosiddetti “impegni di sostenibilità”.
Infatti, ai sensi dell’art. 12 della proposta, i gruppi potranno inserire, nei disciplinari di produzione, norme di sostenibilità più rigorose di quelle prescritte dal legislatore europeo e/o nazionale, sempre nel rispetto le norme in materia di igiene, sicurezza e concorrenza.
Tale novità, d’altra parte, risulta una diretta applicazione della strategia From Farm to Fork della Commissione, cuore del Green new deal europeo [3].
Infatti, nella Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 20 maggio 2020 [4] la sostenibilità alimentare riveste un ruolo di primo piano: tutti i soggetti della filiera agroalimentare (agricoltori, pescatori, produttori, ecc.) sono chiamati a trasformare i loro metodi di produzione in modo più rapido e sfruttare al meglio le soluzioni basate sulla natura, sulle tecnologie, sul digitale e sullo spazio per conseguire migliori risultati climatici e ambientali, aumentare la resilienza ai cambiamenti climatici e ridurre e ottimizzare l’uso di fattori di produzione.
L’importanza dei gruppi di produttori
Negli ultimi anni, i gruppi dei produttori a tutela delle DOP e IGP, riconosciuti a livello europeo dall’art. 45 del Regolamento (UE) n. 1151/2012, hanno assunto sempre maggior rilievo, non solo nella tutela e nella protezione dei prodotti di qualità dalle pratiche commerciali scorrette, ma anche nella promozione di tali prodotti sul mercato.
In Italia, ai gruppi di produttori viene riconosciuta la forma dei consorzi ai sensi degli artt. 2602 ss. del Codice Civile, a norma della legge n. 526/1999.
Fra le competenze spettanti ai gruppi di produttori vi è, oltre la stesura del disciplinare di produzione per un dato prodotto DOP o IGP, anche la sua modifica.
Spetta dunque a questi soggetti inserire, nei rispettivi disciplinari, regole improntate a una maggiore sostenibilità nella produzione della DOP o IGP.
In Italia, numerosi sono gli esempi di impegni di sostenibilità già assunti da parte dei consorzi di tutela di DOP e IGP.
Fra questi, Il Consorzio di tutela del Prosecco DOC (Fig. 2) si è impegnato ad adottare, con cadenza annuale, il cosiddetto “Vademecum viticolo”, il quale indica agli operatori del settore le strategie migliori per ottenere una produzione più sostenibile.
Tra queste vi sono il minimo utilizzo delle sostanze chimiche di sintesi, la razionalizzazione delle tecniche agronomiche nel rispetto dei principi ecologici, economici e tossicologici e la minimizzazione dell’uso di prodotti fitosanitari di sintesi.
Inoltre, il Consorzio ha avviato la collaborazione con la società Equalitas per ottenere la certificazione di “Denominazione sostenibile” [5].
Un altro esempio è il Consorzio del Prosciutto di Parma DOP che, invece, ha avviato un progetto di filiera virtuosa denominato PARSUTT (PARma ham high SUsTainability sTandard), volto ad adottare standard più alti di quelli previsti dalla normativa nazionale per quanto concerne il benessere animale, con specifico riguardo ai primi anelli della filiera produttiva: allevamento e macellazione.
Infine, il Consorzio di tutela del Grana Padano DOP ha aderito al progetto europeo “The Tough Get Going – I duri cominciano a giocare”, il quale intende promuovere l’utilizzo della metodologia Product Environmental Footprint (PEF) sviluppata dalla Commissione europea nei formaggi a pasta semi dura e ha, tra gli obiettivi, quello di creare uno strumento efficace e rapido di valutazione dell’impatto ambientale generato dai formaggi DOP.
DOP, IGP e sostenibilità: un rapporto non sempre facile
Nonostante i suddetti impegni assunti negli ultimi tempi dai consorzi di tutela, il rapporto tra DOP, IGP e sostenibilità non è stato, specie in passato, facilmente definibile.
Nei regolamenti che hanno disciplinato i segni di qualità, dal 1992 ad oggi, non vi è traccia di alcun riferimento alla sostenibilità nella sua triplice dimensione ambientale, sociale ed economica, né nelle norme che regolano la registrazione della DOP o IGP e la stesura del disciplinare di produzione [6].
Un primo riconoscimento formale del legame fra DOP, IGP e sostenibilità è avvenuto nel 2018, con il documento stilato dalla FAO con la collaborazione della European Bank for Reconstruction and Development, dal titolo “Strengthening sustainable food systems through geographical indications: an analysis of economic impacts” [7] (Fig. 3).
Lo studio è mirato a dimostrare che le indicazioni geografiche possano essere utilizzate per favorire lo sviluppo economico e la sicurezza degli approvvigionamenti di cibo, garantendo uno sviluppo territoriale sostenibile.
Lo studio, che analizza nove prodotti che si fregiano di indicazioni geografiche, riconosce come il maggiore impatto economico che questi prodotti producono sul mercato sia dovuto alla differenza di prezzo rispetto ai prodotti privi del segno di qualità: i consumatori, infatti, si manifestano disposti a pagare prezzi più elevati se viene loro dimostrato il legame del prodotto con il luogo d’origine.
Rimangono, tuttavia, alcune questioni di non poco rilievo.
In primo luogo, vanno tenute in considerazione le differenze, a livello di tecniche produttive, fra le varie DOP e IGP.
Alcune di esse, infatti, hanno una produzione altamente industrializzata, anche in virtù della natura dei disciplinari di produzione, che lasciano ampio spazio ai produttori nella scelta delle tecniche da adottare.
Vi è, dunque, da capire se una produzione maggiormente industrializzata e meccanizzata possa essere effettivamente sostenibile, quanto meno dal punto di vista ambientale [8].
Un altro problema è quello relativo alla comunicazione della sostenibilità (e quindi delle qualità aggiunte da essa derivanti) al consumatore, in quanto va valutata la compatibilità di un’indicazione di qualità ulteriore rispetto a quella già esistente, con le regole della concorrenza e le norme contro la pubblicità comparativa.
Le prospettive di attuazione degli impegni di sostenibilità
Le novità introdotte dalla proposta di Regolamento della Commissione e la sua attenzione alla sostenibilità sono senza dubbio da accogliere con favore in quanto confermano, una volta per tutte, il legame tra DOP, IGP e sostenibilità.
In questo modo viene, difatti, riconosciuto il potenziale delle indicazioni geografiche di qualità: queste, attraverso il loro legame con il territorio, possono costituire non solo un mezzo per ridurre l’impatto ambientale e l’impiego di risorse naturali, ma costituire sempre di più uno strumento di attrazione per il consumatore, il quale si vedrà più invogliato a compiere scelte eticamente responsabili.
Staremo a vedere come questi impegni di sostenibilità verranno messi in pratica dai produttori, come questi adegueranno le attuali tecniche produttive e quali effetti porteranno, nel lungo periodo, sulla filiera agroalimentare di qualità.
Speriamo che tu abbia trovato la lettura di questo articolo sulle prospettive della Commissione Europea in merito alle certificazioni interessante. Per altri contenuti simili, consulta la sezione Blog del nostro sito web. E se vuoi restare sempre al passo con le ultime novità in fatto di Agrifood, iscriviti alla nostra Newsletter!
[1] La proposta di regolamento è reperibile al link: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/IP_22_2185
[2] I regolamenti sono reperibili ai link: https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2012:343:0001:0029:IT:PDF e https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2013:347:0671:0854:IT:PDF. Invece, per un approfondimento sulla disciplina dei prodotti agricoli e alimentari di qualità, v. P. Borghi, I. Canfora, A. Di Lauro, L. Russo (a cura di), Trattato di diritto alimentare italiano e dell’Unione europea, Giuffrè, Milano, 2021, p. 425 ss. Sui prodotti vitivinicoli, v., invece, A. Germanò, E. Rook Basile, N. Lucifero, Manuale di legislazione vitivinicola, Giappichelli, Torino, 2019, p. 183 ss.
[3] Il Green new deal mira a garantire che nel 2050 non siano più generate emissioni nette di gas a effetto serra, la crescita economica sia dissociata dall’uso delle risorse e nessuna persona e nessun luogo siano trascurati.
[5] Lo standard Equalitas prevede una serie di indicatori di sostenibilità, quali: biodiversità, impronta carbonica e idrica, buone pratiche agricole e di imbottigliamento, buone pratiche economiche aziendali nei confronti dei dipendenti e dei fornitori, il rispetto dei diritti dei lavoratori, buone pratiche di comunicazione politica.
[6] A. Di Lauro, Le denominazioni d’origine protette e le indicazioni geografiche protette di fronte alla sfida dello sviluppo sostenibile, in Riv. dir. agr., 2018, I, p. 382 ss.
[7] Il documento è reperibile al link: https://www.fao.org/3/I8737EN/i8737en.pdf.
[8] G. Belletti, A. Brazzini, A. Marescotti, L’impiego delle indicazioni geografiche protette da parte delle imprese, in Agriregionieuropa, 2014, n. 39.
Camilla Gernone
Dottoranda in Diritto Agroalimentare presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Bari, si occupa degli aspetti giuridici riguardanti la tutela e la promozione della qualità dei prodotti agroalimentari. La passione per la ricerca e un’innata curiosità la spingono costantemente a intraprendere nuovi percorsi e a cogliere nuove opportunità, come quella di scrivere articoli divulgativi per Food Hub.