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La Old Friend Hypothesis suggerisce come il moderno stile di vita (ad esempio, l’uso eccessivo di antibiotici, un’eccessiva urbanizzazione, ridotto contatto con animali, etc.) possa essere alla base di questo decremento nella diversità del microbiota.
Ma anche il cibo è un fattore che bisogna tenere in considerazione, visti gli enormi cambiamenti avvenuti nella nostra dieta negli ultimi anni, ora caratterizzata da cibi ultra-processati, prodotti con tecniche che riducono la loro contaminazione con microrganismi ambientali e il decrescente consumo di prodotti fermentati.
L’ipotesi dell’igiene
Nel 1989 il dottor Strachand osservò come l’insorgenza di rinite allergica e dermatite atopica fosse più alta nei primogeniti quando paragonati con i loro fratelli più piccoli [1].
Questo studio mise le basi per quella che venne poi chiamata l’ipotesi dell’igiene.
Inizialmente si pensò che le moderne pratiche igieniche potessero causare un ridotto contatto con i patogeni e che potessero essere alla base di questo fenomeno.
Ma studi successivi dimostrarono che né il contatto con i patogeni né le pratiche igieniche fossero realmente correlati con l’aumento di incidenza di malattie autoimmuni e disordini allergici (ADADs).
Quello che si notò, invece, fu come fattori quali il numero di fratelli, avere animali da compagnia, vivere lontano dalla città o frequentare l’asilo avessero una relazione con questo fenomeno.
Dall’ipotesi dell’igiene alla Old Friend Hypothesis
Si arrivò quindi a una teoria più allargata, la Old Friend Hypothesis, dove si ipotizzò che il moderno stile di vita (dieta, pulizia, uso di antibiotici, ridotto contatto con gli animali, utilizzo di materiali sintetici, etc.) fosse alla base di un ridotto contatto con microrganismi non patogenici e amichevoli in grado di allenare e dare i giusti stimoli al sistema immunitario dell’ospite, diminuendo il risco di insorgenza di ADADs.
Questa ipotesi prese ancora più piede con la scoperta delle cellule T regolatorie.
Queste cellule sono fondamentali nel riconoscimento di cosa tollerare e un loro errato priming (dovuto ad esempio dal ridotto contatto con microrganismi diversi), può portare all’incremento delle risposte sia Th1 o Th2.
Sebbene questa teoria sia ormai ben supportata dalla comunità scientifica, ben pochi si sono focalizzati su quale possa essere il ruolo dei batteri associati agli alimenti sul microbiota intestinale.
La maggior parte degli studi si focalizzano sul ruolo delle componenti alimentari (come fibre o grassi) o su prodotti fermentati e il loro impatto sul microbiota.
In effetti, tutti gli alimenti sono in grado di veicolare microrganismi e – seppur in quantità minore rispetto a un probiotico o un prodotto fermentato – il loro apporto in termini di diversità è più alto di qualsiasi altro prodotto.
Di Carelia e Old Friend
La Carelia è una regione a cavallo tra Finlandia e Russia.
Il territorio è sempre stato conteso tra i due stati, ora diviso in Nord Carelia (Finalndia) e Repubblica di Carelia (Russia).
Le due aree sono socio-economicamente molto differenti, ma con delle condizioni geoclimatiche molto simili.
A seguito dell’ultima suddivisione territoriale avvenuta nel 1941, la parte finlandese ha subito una forte crescita economica e una rapida urbanizzazione.
La parte Russa, invece, risulta molto rurale.
Queste differenze si ripercuotono anche sull’esposizione ad antigeni Old Friend.
Le due popolazioni che vivono questi territori condividono un background genetico pressoché identico, ma l’incidenza di malattie autoimmuni e disordini allergici è drasticamente più alta nella Carelia Finlandese.
Ad esempio, nei primi anni del 2000, quasi nessun bambino in età scolastica soffriva da febbre da fieno e solo il 2% era sensibilizzato al polline di betulla, rispetto al 27% della Carelia Finlandese.
Tra i vari fattori analizzati, gli autori hanno trovato una forte correlazione tra la sensibilizzazione ad antigeni ambientali e i batteri associati alla polvere.
Nello specifico, nella Carelia russa la polvere era dominata da batteri Gram positivi (Firmicutes e Actinobacteria).
La polvere della Carelia finlandese, invece, era dominata da batteri Gram negativi, principalmente Proteobacteria.
Inoltre, la polvere russa è risultata avere una maggior quantità e diversità batterica rispetto a quella finlandese.
Gli autori hanno anche svolto un’analisi di comparazione tra la polvere urbana e quella di alcuni fienili presenti nell’area di Helsinki.
I risultati hanno mostrato come la polvere urbana fosse caratterizzata principalmente da Corynebacterium e Streptococcus e, se amministrata per via intranasale a dei topi, andasse ad attivare principalmente gli eosinofili.
La polvere dei fienili, al contrario, è risultata composta principalmente da batteri Gram negativi e presentava una diversità intrinseca più alta rispetto alla polvere urbana.
Questa polvere, nei topi, andava ad attivare principalmente neutrofili e linfociti.
In conclusione, gli autori affermano che le persone che vivono in aree urbane sono costantemente esposti al loro stesso microbiota, il quale non viene arricchito da batteri ambientali [2].
Queste persone quindi sarebbero meno esposte ad antigeni Old Friend e quindi al ridotto “allenamento” del sistema immunitario.
I metodi di coltivazione e il loro impatto sul microbiota associato agli alimenti
Come già affermato, gli alimenti che consumiamo presentano un loro microbiota che può essere veicolato all’intestino umano.
Tra tutti i prodotti, quelli con maggior possibilità di veicolare batteri vivi sono sicuramente i prodotti vegetali di quarta gamma, come le insalate in busta.
Comunemente, questi prodotti vengono consumati crudi e senza bisogno di essere lavati nuovamente dal consumatore.
Se prendiamo in considerazione una normale insalata di quarta gamma, a seconda della composizione dell’insalata, questa può veicolare un contenuto di batteri compreso tra le 2,29×102 e 4,36×108 UFC/g [3].
La rucola, per esempio, può veicolare da 9,55×103 a 1,51×108 UFC/g di batteri, in funzione del metodo di coltivazione.
Mantegazza e colleghi hanno dimostrato come rucole di quarta gamma prodotte con coltivazione land based (per esempio con coltivazione biologica, convenzionale o integrata) abbiano un contenuto simile in termini di carica microbica totale e di composizione dell’ecosistema associato a essa.
Analizzando il gene 16S del DNA microbico estratto da questi prodotti, risulta che sia associato soprattutto agli ordini Pseudomonadales, Burkholderiales, e Flavobacteriales.
Al contrario, le rucole coltivate in vertical farming, non solo avevano un contenuto inziale di batteri mesofili totali significativamente inferiore rispetto ai metodi land based, ma anche la composizione del loro ecosistema microbico associato risultava molto differente, caratterizzato principalmente degli ordini Eubacteriales, Bacteroidales, e Lactobacillales.
I lactobacilli, seppur presenti nei campioni come DNA, non sono però risultati coltivabili.
Gli autori dell’articolo hanno anche effettuato una simulazione di digestione dei campioni di rucola per valutare se i batteri a essa associati potessero teoricamente sopravvivere al tratto gastrico umano.
I risultati hanno dimostrato come, seppur ci sia un’effettiva diminuzione della carica aerobica totale dopo simulazione del tratto gastrico, i batteri lattici associati non abbiano subito una significativa diminuzione, lasciando supporre che questi possano effettivamente arrivare vivi all’intestino umano [4].
Conclusioni
Sempre più studi dimostrano come i batteri influenzino diversi aspetti della nostra vita, soprattutto i nostri stati di salute e malattia.
I batteri ambientali possono contribuire alla diversità degli ecosistemi microbici associati con i diversi distretti del nostro corpo, influenzando lo sviluppo del sistema immunitario e prevenendo l’insorgenza di disordini allergici e alcune malattie autoimmuni.
In quest’ottica, anche i batteri associati agli alimenti, specialmente quelli che vengono abitualmente consumati crudi, possono avere un impatto sul nostro microbiota intestinale.
Abbiamo sempre considerato i batteri come un nemico da combattere, soprattutto per quanto riguarda gli alimenti. Ma non tutti sono da temere e alcuni possono anzi essere considerati come Old Friend da tenere negli alimenti.
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[1] Strachan, D. P. Hay fever, hygiene, and household size. British Medical Journal, 1989 https://doi.org/10.1136/bmj.299.6710.1259
[2] Haahtela, T.; Laatikainen, T.; Alenius, H. et al. Hunt for the origin of allergy – comparing the Finnish and Russian Karelia. Clinical & Experimental Allergy, 2015 https://doi.org/10.1111/cea.12527
[3] Łepecka, A.; Zielinska, D.; Szymanski, P. et al. Assessment of the Microbiological Quality of Ready-to-Eat Salads – Are There Any Reasons for Concern About Public Health? International Journal of Environmental Research and Public Health, 2021 https://doi.org/10.3390/ijerph19031582
[4] Mantegazza, G.; Gargari, G.; Duncan, R. et al. Ready-To-Eat Rocket Salad as Potential Reservoir of Bacteria for the Human Microbiome. Microbiology Spectrum, 2023 https://doi.org/10.1128/spectrum.02970-22
Giacomo Mantegazza
Biotecnologo di formazione, ma microbiologo nel cuore. Dottorando in sistemi alimentari presso l’Università degli Studi di Milano, si occupa di microbiologia alimentare e di studiare l’impatto dei batteri associati agli alimenti sul microbiota intestinale.