Il concetto di vulnerabilità
Con il termine “frode alimentare” si fa riferimento soprattutto alle azioni volontarie di contraffazione, sostituzione e/o introduzione di ingredienti estranei all’interno di prodotti alimentari con l’obiettivo di ottenere un guadagno economico illecito. A seguito degli scandali successi negli ultimi anni, questo tema ha assunto sempre maggior importanza nel settore dell’industria alimentare [1].
L’attività fraudolenta più frequente consiste sicuramente nel “blending” di prodotti ad alto valore aggiunto con ingredienti di bassa qualità. Tanti sono gli esempi che si possono riportare: dalla diluizione del miele con sciroppi di zucchero alla miscelazione di olio extra vergine di oliva con altri oli vegetali o ancora all’aggiunta di materiale vegetale estraneo ad erbe aromatiche essiccate. Tutte queste pratiche non comportano un reale rischio per la salute del consumatore, ma rappresentano vere e proprie truffe di carattere economico a danno di quest’ultimo. Per ogni prodotto alimentare si può stabilire la “vulnerabilità” alla frode, a seconda della tipologia, del mercato e di altri fattori (Fig. 1).
Opportunità
Le “opportunità” sono generalmente connesse con la complessità della filiera, che parte dalla raccolta delle materie prime e arriva fino alla vendita al supermercato. La globalizzazione e l’industrializzazione del settore “Food” e le catene di distribuzione sempre più articolate hanno moltiplicato queste possibilità. In caso di episodi di frode alimentare, l’opinione pubblica tende spesso ad attribuire la responsabilità al brand che commercializza il prodotto. In realtà, quest’ultimo ne è, invece, spesso la vittima, al pari dei consumatori.
A tal proposito, occorrerebbe riflettere maggiormente sul rischio che un’azienda corre nel commettere tali illeciti. In un’era digitale come la nostra, dove le informazioni corrono e si diffondono con incredibile velocità, un brand coinvolto in un caso di frode alimentare ne uscirebbe con la reputazione irreversibilmente compromessa e andrebbe incontro ad un inevitabile crollo delle vendite. Risulta, quindi, difficile pensare che un profitto così illecitamente ricavato/ottenuto (per quanto consistente) possa giustificare tali rischi. L’adulterazione avviene nelle fasi più sensibili della filiera, che rappresentano appunto le “opportunità”.
Sono poche le realtà (corrispondenti spesso alle multinazionali) in cui la stessa impresa è proprietaria dell’intera catena produttiva e distributiva. Nella maggior parte dei casi, l’azienda effettua solo alcuni dei passaggi dell’intera filiera (acquisto delle materie prime, trasformazione, distribuzione e vendita del prodotto alimentare) ed è proprio tra un passaggio e l’altro che avviene generalmente l’adulterazione, all’insaputa, quindi, del venditore finale.
A titolo esemplificativo, si può citare lo scandalo del 2013 in Gran Bretagna in cui le autorità di controllo irlandesi hanno trovato tracce di carne equina negli hamburger di manzo distribuiti dalla catena di supermercati britannica Tesco. Le successive indagini hanno svelato una complessa rete di compravendite (attraverso tutta l’Europa) della carne equina incriminata mirata a farne perdere la tracciabilità.
Motivazioni
Van Ruth et al. indaga le diverse motivazioni che possono celarsi dietro a un atto di frode alimentare. Tra queste vi sono ragioni di carattere etico, desiderio di vendetta verso il datore di lavoro, ecc. [2]. Nella maggior parte dei casi, la motivazione è, però, di natura economica, vale a dire il raggiungimento di un maggior profitto, tant’è vero che la Food and Drug Administration ha coniato il termine “Economically Motivated Adulteration”.
Le principali caratteristiche che rendono un prodotto alimentare maggiormente appetibile per i frodatori sono:
- la disparità/sproporzione fra prezzo e peso, che consente di avere ampi margini di guadagno;
- il divario tra domanda e offerta. Le situazioni in cui c’è una grande richiesta di un certo bene (che il mercato non riesce a soddisfare), favoriscono il compimento di atti illeciti di questo tipo;
- l’attribuzione di valori aggiunti particolari di provenienza (DOP, IGP, ecc.) e/o di produzione (artigianale, biologico, ecc.).
Controlli
Le misure di controllo sulle frodi alimentari comprendono tutte le azioni preventive, di monitoraggio e di intervento che vengono perpetrate nei confronti di questi atti illeciti. Le strategie di controllo si fondano su un approccio generico comune, ma devono poi essere adattate ad ogni singolo caso.
Gli organismi di controllo (Stato, consorzi, ecc.) solitamente attuano azioni di natura preventiva, riducendo le opportunità e motivazioni di frode. L’operazione di monitoraggio vera e propria viene più spesso eseguita dalle aziende stesse, attraverso piani di autocontrollo, analisi sulle materie prime acquistate da nuovi fornitori e, nelle industrie più grandi, sono presenti laboratori di ricerca e sviluppo (R&D) che studiano nuove tecniche analitiche che siano in grado di contrastare efficacemente le possibili adulterazioni.
Purtroppo, gli autori di adulterazioni sono sempre alla ricerca di nuove strategie per aggirare le normative e sfuggire ai controlli dell’industria (per es. il continuo cambiamento dell’ingrediente adulterante) [4]. Per questo motivo, la lotta alla frode alimentare deve essere considerata un’attività in costante evoluzione, similmente a quanto si verifica nel campo del doping/antidoping.
Si stima che un terzo delle aziende alimentari siano state vittima di frode [5]. Sulla base di questo dato e della dinamicità così elevata del processo di adulterazione degli alimenti, le misure preventive non possono limitarsi al semplice intervento sporadico di singoli individui, ma devono coinvolgere tutti i livelli della filiera ed essere coordinate da enti superiori.
[1] Spink, J., & Moyer, D. (2011). Defining the public health threat of food fraud. Journal of Food Science, 1577-163.
[2] van Ruth, S., Huisman, W., & Luning, P. (2017). Food fraud vulnerability and its key factors. Trends in Food Science & Technology, 70-75.
[3] Galvin-King, P., Haughey, S., & Elliot, C. (2018). Herb and spice fraud; the drivers, challenges and detection. Food Control, 85-97.
[4] Cavanna, D., Righetti, L., Elliott, C., & Suman, M. (2018). The scientific challenges in moving from targeted to non-targeted mass spectrometric methods for food fraud analysis: A proposed validation workflow to bring about a harmonized approach. Trends in Food Science & Technology, 223-241.
[5] Soon, J., Krzyzaniak, S., Shuttlewood, Z., Smith, M., & Jack, L. (2019). Food fraud vulnerability assessment tools used in food industry. (225-232).
Tito Damiani
Dottorando in Food Science presso l'Università degli studi di Parma, Dipartimento di Scienze degli Alimenti e del Farmaco, si occupa di ricerca nel campo delle frodi alimentari. In particolare, l'obiettivo dell'attività di ricerca è volto all'implementazione e applicazione delle moderne tecniche "untargeted" per la detection di adulterazioni a carico di prodotti alimentari.