Indice
Perché scegliere gli enzimi ipertermofili?
L’utilizzo di catalizzatori di origine biologica, altrimenti detti enzimi, sta prendendo sempre più piede in ambito industriale, poiché questi, se comparati a quelli di natura inorganica, favoriscono reazioni generalmente più sostenibili dal punto di vista ambientale.
Tuttavia, la maggior parte degli enzimi prodotti dagli organismi comunemente coltivati in laboratorio mostra una scarsa resistenza alle temperature estreme, nonché ai detergenti, agli ossidanti e ai surfattanti utilizzati durante le lavorazioni [1].
Per questo motivo lo studio dei così detti microrganismi “estremofili”, capaci di vivere in condizioni ambientali proibitive per le altre specie, ha aperto nuove possibilità per la ricerca sui biocatalizzatori.
Tali organismi, infatti, producono enzimi (estremozimi) resistenti a range estremi di pH, salinità, temperatura o pressione e in grado di mantenere un’elevata attività, anche in presenza di solventi organici, detergenti, proteasi o inquinanti [2].
Di particolare interesse per l’industria alimentare sono gli enzimi ipertermofili, attivi a temperature che superano i 70°C. Questi permettono di ridurre tempi e costi di lavorazione, poiché sono impiegati durante i passaggi che richiedono alte temperature, senza la necessità di procedere per step differenti, garantendo al contempo una sterilità maggiore.
Tali condizioni termiche favoriscono inoltre la solubilità e la biodisponilità dei composti organici, dovute a una diminuzione della viscosità del mezzo, nonché una migliore separazione di prodotti volatili [1].
Questi enzimi sono molto studiati per essere impiegati, ad esempio, nei processi di panificazione e di chiarificazione dei succhi di frutta, nella produzione della birra (proteasi, amilasi e xilanasi) e nel controllo della produzione di acrilammide e altri derivati dalle reazioni di Maillard (deglicasi, asparaginasi) [3–5].
Cellulasi ed emicellulasi ipertermofile possono inoltre essere usate per lo smaltimento degli scarti alimentari di natura lignocellulosica, che possono essere riutilizzati per produrre biocarburanti o come substrati per la crescita e la selezione dei batteri produttori degli enzimi stessi, in un’ottica di circolarità delle risorse [6–8].
Isolare e produrre estremozimi in maniera sostenibile
La necessità di rendere i catalizzatori biologici una valida alternativa a quelli di natura inorganica anche dal punto di vista economico, ha spinto la ricerca biotecnologica a sperimentare diverse soluzioni per ottenere una produzione massiva di questi enzimi a costi contenuti.
Il primo problema che si pone nella produzione degli enzimi ipertermofili è la difficoltà nel mantenere e manipolare in laboratorio gli organismi che li producono, date le condizioni estreme e talvolta costose di cui necessitano.
Fortunatamente l’ingegneria genetica permette l’espressione degli estremozimi in organismi mesofili, in grado cioè di crescere tra i 25 e 45°C.
Questo facilita anche l’estrazione e la purificazione degli stessi, poiché, se trattate con alte temperature, le proteine dell’ospite si inattivano e precipitano, lasciando in soluzione solo l’enzima di interesse. Quest’ultimo può essere di conseguenza isolato con tecniche di routine, poco costose o inquinanti [9].
La scelta attualmente più diffusa è quella di usare come fabbriche biologiche i microrganismi fermentanti comunemente impiegati per la produzione industriale di proteine [6].
Si passa infatti da batteri come Escherichia coli e Bacillus subtilis, fino a lieviti come Pichia pastoris. Questi organismi hanno il vantaggio di avere protocolli e sistemi di espressione messi a punto da diverso tempo e tassi rapidi di crescita e duplicazione cellulare.
Al contempo però, per mantenere un’efficiente fermentazione, necessitano di substrati arricchiti e di condizioni controllate, nonché di un turnover rapido di nutrienti all’interno dei bioreattori [7].
Una possibile alternativa è la produzione di questi biocatalizzatori in organismi fotosintetici, come piante, alghe e cianobatteri, che sono in grado di utilizzare energia solare e anidride carbonica per sintetizzare il glucosio di cui hanno bisogno [9,10,11].
La presenza dei cloroplasti in piante e alghe permette l’uso di semplici tecniche genetiche per far esprimere le proteine in questi compartimenti, senza rischiare che siano modificate ulteriormente dai macchinari cellulari [10–12].
Per l’espressione di proteine esogene in pianta, possono essere anche sfruttati organuli cellulari deputati all’accumulo di sostanze, poiché la compartimentalizzazione previene eventuali risposte di difesa dell’organismo e protegge la parete cellulare dall’attività di enzimi che potrebbero degradarla [9].
Alghe e cianobatteri sono fabbriche biologiche molto promettenti, data la loro velocità di replicazione, ma va fatta ancora molta strada per ottimizzare la loro efficienza fotosintetica e rendere la produzione di biomassa economicamente sostenibile [13,14].
Caso studio: una deglicasi ipertermofila contro l’eccesso di acrilammide
Per comprendere come dall’isolamento di enzimi ipertermofili si arrivi alla loro produzione e applicazione industriale, un caso interessante è la caratterizzazione da parte di Gilbert Richarme e colleghi, di una deglicasi (PfpI) di Pyrococcus furiosus [5].
A 100°C questa proteina è in grado di prevenire la formazione di acrilammide causata dalla reazione di Maillard, che avviene in seguito all’interazione tra zuccheri e amminoacidi durante la cottura.
La reazione è sfruttata per innescare processi desiderati di imbrunimento e liberazione di prodotti aromatici, che rendono più appetitosi fritti o prodotti da forno.
Tuttavia, quando nell’interazione con gli zuccheri è coinvolto l’amminoacido asparagina, si produce un composto cancerogeno chiamato acrilammide, talvolta presente in patatine, patate fritte, pane, biscotti e caffè.
I livelli di questo composto ammessi negli alimenti sono regolati dal regolamento CEE/UE n. 2158 del 20 novembre 2017.
La sequenza genica codificante l’enzima PfpI era stata analizzata già nel 1996 da un altro gruppo, che aveva fatto esprimere la proteina in Escherichia coli, per favorirne la purificazione e testarne una generica attività proteolitica [15].
Tuttavia, nella ricerca biotecnologica, innovazione è spesso sinonimo di nuove applicazioni di una molecola già nota. Lo studio di enzimi della stessa famiglia da parte del gruppo di Richarme ha suggerito infatti la possibilità che PfpI potesse avere un’attività deglicasica, cioè che fosse in grado di prevenire il legame tra monosaccaridi e alcuni amminoacidi.
L’attività dell’enzima isolato direttamente da Pyrococcus è stata quindi testata in vitro utilizzando come substrati l’asparagina in combinazione con diversi tipi di zuccheri.
Poiché in tutte le prove si è registrato un calo significativo della produzione di acrilammide, i ricercatori hanno suggerito l’applicabilità dell’ enzima a livello industriale, ipotizzandone anche un potenziamento dell’efficienza a temperature superiori ai 100°C tramite l’ingegneria genetica [5].
Con l’impiego di PfpI, infatti, non sarebbe più necessario ridurre il contenuto di zuccheri e di asparagina durante la preparazione o cambiare altri parametri di lavorazione che influenzano la qualità del prodotto.
L’applicazione industriale di PfpI è stata brevettata [16]; i prossimi passi per renderla effettiva potrebbero essere l’espressione della proteina in microrganismi mesofili, per ottenerne una produzione ingente, e l’individuazione del metodo di immobilizzazione più adeguato, per poterla riutilizzare in più cicli produttivi (fig.3).
Attualmente allo stesso scopo è usato l’enzima asparaginasi, già prodotto in ambito farmaceutico come antitumorale, il quale però converte l’asparagina in acido aspartico, alterandone il contenuto [17].
Conclusioni
Gli organismi ipertermofili sono quindi una fonte inesauribile di molecole in grado di soddisfare molteplici esigenze in materia di efficienza e sostenibilità della produzione alimentare, abbiamo solo bisogno di ricercatori creativi e imprenditori lungimiranti per sfruttare appieno questo grande potenziale.
—
Speriamo che tu abbia trovato la lettura di questo articolo sulle microplastiche nei prodotti ittici è interessante. Per altri contenuti simili, consulta la sezione Blog del nostro sito web. E se vuoi restare sempre al passo con le ultime novità in fatto di Agrifood, iscriviti alla nostra Newsletter!
1. Siddiqui, K.S. Some like it hot, some like it cold: Temperature dependent biotechnological applications and improvements in extremophilic enzymes. Biotechnol. Adv. 2015, 33, 1912–1922, doi:https://doi.org/10.1016/j.biotechadv.2015.11.001.
2. Cabrera, M.Á.; Blamey, J.M. Biotechnological applications of archaeal enzymes from extreme environments. Biol. Res. 2018, 51, 37, doi:10.1186/s40659-018-0186-3.
3. Wang, X.; Zheng, F.; Wang, Y.; Tu, T.; Ma, R.; Su, X.; You, S.; Yao, B.; Xie, X.; Luo, H. Improvement of the catalytic efficiency of a hyperthermophilic xylanase from Bispora sp. MEY-1. PLoS One 2017, 12, e0189806–e0189806, doi:10.1371/journal.pone.0189806.
4. Brown, I.; Dafforn, T.R.; Fryer, P.J.; Cox, P.W. Kinetic study of the thermal denaturation of a hyperthermostable extracellular α-amylase from Pyrococcus furiosus. Biochim. Biophys. Acta – Proteins Proteomics 2013, 1834, 2600–2605, doi:https://doi.org/10.1016/j.bbapap.2013.09.008.
5. Richarme, G.; Marguet, E.; Forterre, P.; Ishino, S.; Ishino, Y. DJ-1 family Maillard deglycases prevent acrylamide formation. Biochem. Biophys. Res. Commun. 2016, 478, 1111–1116, doi:https://doi.org/10.1016/j.bbrc.2016.08.077.
6. Benedetti, M.; Vecchi, V.; Betterle, N.; Natali, A.; Bassi, R.; Dall’Osto, L. Design of a highly thermostable hemicellulose-degrading blend from Thermotoga neapolitana for the treatment of lignocellulosic biomass. J. Biotechnol. 2019, 296, 42–52, doi:10.1016/j.jbiotec.2019.03.005.
7. Giovannoni, M.; Gramegna, G.; Benedetti, M.; Mattei, B. Industrial Use of Cell Wall Degrading Enzymes: The Fine Line Between Production Strategy and Economic Feasibility . Front. Bioeng. Biotechnol. 2020, 8, 356.
8. Ravindran, R.; Jaiswal, A.K. Microbial Enzyme Production Using Lignocellulosic Food Industry Wastes as Feedstock: A Review. Bioeng. 2016, 3.
9. Benedetti, M.; Vecchi, V.; Guardini, Z.; Dall’Osto, L.; Bassi, R. Expression of a Hyperthermophilic Cellobiohydrolase in Transgenic Nicotiana tabacum by Protein Storage Vacuole Targeting. Plants (Basel, Switzerland) 2020, 9, 1799, doi:10.3390/plants9121799.
10. Brasil, B. dos S.A.F.; de Siqueira, F.G.; Salum, T.F.C.; Zanette, C.M.; Spier, M.R. Microalgae and cyanobacteria as enzyme biofactories. Algal Res. 2017, 25, 76–89.
11. Benedetti, M.; Barera, S.; Longoni, P.; Guardini, Z.; Herrero Garcia, N.; Bolzonella, D.; Lopez-Arredondo, D.; Herrera-Estrella, L.; Goldschmidt-Clermont, M.; Bassi, R.; et al. A microalgal-based preparation with synergistic cellulolytic and detoxifying action towards chemical-treated lignocellulose. Plant Biotechnol. J. 2020, n/a, doi:10.1111/pbi.13447.
12. Castiglia, D.; Sannino, L.; Marcolongo, L.; Ionata, E.; Tamburino, R.; De Stradis, A.; Cobucci-Ponzano, B.; Moracci, M.; La Cara, F.; Scotti, N. High-level expression of thermostable cellulolytic enzymes in tobacco transplastomic plants and their use in hydrolysis of an industrially pretreated Arundo donax L. biomass. Biotechnol. Biofuels 2016, doi:10.1186/s13068-016-0569-z.
13. Benedetti, M.; Vecchi, V.; Barera, S.; Dall’Osto, L. Biomass from microalgae: The potential of domestication towards sustainable biofactories. Microb. Cell Fact. 2018, 17, doi:10.1186/s12934-018-1019-3.
14. Vecchi, V.; Barera, S.; Bassi, R.; Dall’Osto, L. Potential and Challenges of Improving Photosynthesis in Algae. Plants (Basel, Switzerland) 2020, 9, doi:10.3390/plants9010067.
15. Halio, S.B.; Blumentals, I.I.; Short, S.A.; Merrill, B.M.; Kelly, R.M. Sequence, expression in Escherichia coli, and analysis of the gene encoding a novel intracellular protease (PfpI) from the hyperthermophilic archaeon Pyrococcus furiosus. J. Bacteriol. 1996, 178, 2605–2612, doi:10.1128/jb.178.9.2605-2612.1996.
16. Richarme, G. Use of PfpI peptidases to limit the presence of acrylamide in food products 2017. https://patents.google.com/patent/WO2017207788A1/en
17. Xu, F.; Oruna-Concha, M.J.; Elmore, J.S. The use of asparaginase to reduce acrylamide levels in cooked food. Food Chem. 2016, 210, 163–171, doi:https://doi.org/10.1016/j.foodchem.2016.04.105.
Valeria Vecchi
Laureata in Biotecnologie Genomiche, Industriali e Ambientali, sta per conseguire un Dottorato di Ricerca presso la facoltà di Biotecnologie dell’Università di Verona. Negli anni si è occupata di fotosintesi delle microalghe, di biologia molecolare vegetale, di fitopatologia e di espressione di enzimi ipertermofili in diversi organismi.