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Le Indicazioni Geografiche: prodotti DOP e IGP
La qualità ha da sempre contraddistinto la produzione agroalimentare italiana, ed europea, essendo parte integrante del suo patrimonio culturale e gastronomico [1]. Oggi, i consumatori dell’Unione Europea ricercano la qualità, non solo in termini nutritivi, ma anche, e soprattutto, con riguardo alle materie prime impiegate, al processo di produzione e all’origine del prodotto.
L’attenzione al legame tra prodotti, qualità, e territorio di provenienza è pertanto aumentata, portando l’UE ad istituire, nel più ampio contesto dei regimi di qualità dell’Unione Europea, il sistema delle Indicazioni Geografiche.
Lo schema delle IG mira a tutelare le denominazioni di alcuni prodotti le cui unicità risultano intrinsecamente connesse all’origine geografica e alle competenze delle comunità residenti nel territorio di produzione.
Il riconoscimento di IG viene di fatto rilasciato ai soli prodotti che hanno un legame evidente e storicamente indissolubile con un luogo di produzione.
Non a caso, le IG nella denominazione richiamano il nome di specifiche aree geografiche, come regioni o città. Nel contesto delle IG, i prodotti possono beneficiare del riconoscimento di DOP (Denominazione di Origine Controllata), IGP (Indicazione Geografica Protetta) e Indicazione Geografica (IG- categoria usata esclusivamente per le bevande spiritose e vini aromatizzati) [Fig.1].
Tra di esse, sono le DOP a mostrare il legame più forte con il territorio, vista l’obbligatorietà della localizzazione dell’intero processo produttivo e l’esclusività della provenienza delle materie prime.
I prodotti a marchio IG godono dunque di una reputazione legata al patrimonio dei territori per loro natura non delocalizzabile, che permette ai consumatori di distinguere i prodotti e, allo stesso tempo, ai produttori di differenziare e commercializzare meglio i loro prodotti.
Nate nei Paesi mediterranei, con Francia e Italia come apripista già negli anni 30 e 60, le IG sono oggi regolamentate a livello comunitario e riconosciute in tutto il mondo.
L’Italia è il Paese con il maggior numero di prodotti IG vantando nel 2021 più di 840 riconoscimenti per un valore alla produzione di circa 16.6 miliardi di euro [2].
In Italia, la così definita DopEconomy coinvolge tutti i comuni del Paese i quali rientrano nell’area di produzione di almeno una IG. Dopo aver preservato e valorizzato la cultura e la tradizione enogastronomica italiana, il sistema delle IG si è dimostrato dunque di valenza strategica per il settore agroalimentare, e non solo.
Le potenzialità dello schema delle Indicazioni Geografiche
La protezione delle IG svolge il generale obiettivo di tutelare gli standard qualitativi dei prodotti agroalimentari, salvaguardare le produzioni locali, i metodi di produzione e la diversità delle tradizioni enogastronomiche. Le potenziali funzioni di questo schema sono tuttavia molto di più. In primis, le IG svolgono un’importante funzione informativa a favore dei consumatori.
Il logo opera da garante, comunicando in modo diretto e intuitivo informazioni chiare sulle caratteristiche che conferiscono valore aggiunto ai prodotti, assicurando la provenienza del prodotto e la conformità con il metodo di produzione ufficiale stabilito dai disciplinari di produzioni (la “ricetta” che tutti i produttori devono seguire per poter certificare i propri prodotti).
L’identità territoriale si afferma come elemento caratterizzante di differenziazione del prodotto permettendo non solo ai consumatori di effettuare scelte più consapevoli, ma anche ai produttori di differenziarsi sul mercato e ottenere un’adeguata remunerazione per la qualità offerta.
La competitività delle eccellenze agroalimentari non viene supportata dalle IG solamente nel mercato locale e nazionale, ma anche in quello estero nel quale operano al pari dei brevetti intellettuali svolgendo un ruolo determinante alla lotta alla contraffazione. In un sistema agroalimentari come quello italiano caratterizzato in prevalenza da piccole aziende e realtà familiari, le IG garantiscono ad agricoltori e produttori un importante sostegno del reddito rafforzandole la posizione lungo la filiera.
Le IG hanno però anche un chiaro impatto territoriale che abbraccia l’intero tessuto sociale, economico e ambientale delle regioni d’origine. Realizzati con materie prime e in aree non sostituibili con processi chiari e condivisi, le IG si affermano come potenziale elemento strategico supportare la sostenibilità dell’intero settore agroalimentare.
Grazie alla possibilità di modificare i disciplinari di produzione, le IG possono rilevarsi uno strumento chiave per istaurare sistemi alimentari più efficienti, equi e sostenibili. Ricadute positive si avranno per l’intero territorio della regione d’origine, non solo dal lato della sostenibilità ambientale, ma anche, e soprattutto, in termini di sostenibilità sociale ed economica. In un paese come l’Italia, dove il settore agricolo e agroalimentare ha ancora un rilevante peso economico in molte aree del Paese, la capacità di preservare e supportare importanti sistemi economici locali tramite lo strumento delle IG si afferma come uno straordinario punto di forza.
Le IG come alleate dello sviluppo rurale
Verificare il ruolo delle IG per lo sviluppo locale è quello che si è proposto di fare uno studio condotto da ricercatori dell’Università degli Studi di Roma Tre e della London School of Economics, il quale ha dimostrato come le IG giochino un ruolo chiave per lo sviluppo socio-economico delle aree rurali Italiane [3].
Partendo dalla ricostruzione storico temporale dell’arrivo delle IG vitivinicole nei comuni italiani, lo studio ha evidenziato come le aree di provenienza delle IG, se confrontate con territori simili in tutto tranne che per la non appartenenza ad aree di produzione, hanno mostrato negli anni maggiori tassi di crescita della popolazione e una riorganizzazione settoriale a favare di attività economiche a più alto valore aggiunto (Fig. 2).
Le IG hanno dunque giocato un ruolo determinante nel contrastare fenomeni come la decrescita demografica e la specializzazione in settori a basso valore aggiunto (come l’agricoltura) da sempre riconosciuti come principali freni per lo sviluppo delle aree rurali [4].
Allo schema delle IG può essere dunque riconosciuta la capacità di trasformare istituzioni informali, peculiarità territoriali e tradizioni culturali in sistemi locali di produzione capaci di innescare processi di sviluppo e internazionalizzazione che sanno preservare la loro unicità e dimensione locale.
Nei prossimi anni, la sfida sarà sostenere il progresso dello schema IG, la sua efficacia ed efficienza, riconoscendo l’importanza di investire nelle peculiarità territoriali e competenze locali radicate nella storia e nelle tradizioni enogastronomiche dei territori non solo per il settore agroalimentare.
Conclusioni
Se il successo e la qualità delle produzioni agroalimentari può dipendere dalle condizioni territoriali, nel caso delle IG il legame con il territorio d’origine è indiscutibile.
Parlare di IG significa dunque parlare di territorio.
Un territorio che trasmette valore e unicità ai prodotti trasformandoli in eccellenze capaci a loro volta di affermarsi come fattori di sviluppo.
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[1] Regolamento (UE) N. 1151/2012 del Parlamento Europeo del Consiglio del 21 novembre 2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari.
[2] Qualitiva-Ismea, Rapporto ISMEA-QUALIVITA 2021, 2022
[3] Crescenzi, R., De Filippis, F., Giua, M., Vaquero-Piñeiro, C. Geographical Indications and local development: the strength of territorial embeddedness. Regional Studies, 2021.
Cristina Vaquero Piñeiro
Cristina Vaquero Piñeiro è una ricercatrice del Dipartimento di Economia, Università degli Studi di RomaTre, con un curriculum in economia agroalimentare e sviluppo regionale e con un dottorato in economia. Le Indicazioni Geografiche e la Politica Agricola Comune sono tra i suoi principali temi di ricerca.