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Alimentazione e sostenibilità, il ruolo delle scelte personali
Ogni azione che compiamo ha un impatto sulle tre dimensioni della sostenibilità, gli ESG (E – Environment, l’ambiente; S – Social, la società; G – Governance, l’ambito economico-organizzativo). Ma che cos’è la sostenibilità? La sostenibilità, o sviluppo sostenibile, “è quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità alle generazioni future di soddisfare i propri” [1].
L’alimentazione è il mezzo con cui ci nutriamo, in risposta a determinati bisogni fisiologici, tali per cui introduciamo nel nostro organismo gli alimenti necessari al nostro sostentamento e sviluppo. La scelta che compiamo quando decidiamo cosa mangiare è dettata da un bisogno fisiologico-nutrizionale, dal piacere, dalla disponibilità intesa sia come presenza diffusa di un cibo piuttosto che un altro sia come potere d’acquisto, dall’informazione, dalla nostra cultura e al tempo stesso anche da impulsi istintivi. In poche parole, dal nostro stile di vita (Fig.1). Ed è col nostro stile di vita, in base alle scelte personali di ogni giorno, che ognuno di noi ha un impatto, positivo o negativo, sulla sostenibilità. Da qui il legame tra sostenibilità e scelte alimentari.
Il ruolo del cibo e dell’alimentazione nelle nostre vite
La citazione del filosofo tedesco Ludwig Feuerbach “siamo ciò che mangiamo” rappresenta perfettamente il forte legame che esiste tra l’uomo e l’alimentazione. Il cibo rappresenta e modella la nostra vita, è il nostro carburante, la nostra energia e il modo in cui lo assumiamo, sia in termini di porzioni che di qualità e tipologia dei prodotti, è determinante sul nostro stato di salute fisica e mentale. Attraverso il cibo esprimiamo noi stessi, i nostri stati d’animo e anche la nostra ideologia. Le scelte che compiamo ogni volta che acquistiamo un prodotto alimentare rispecchiano: il nostro umore, i nostri bisogni, le nostre idee. E ogni scelta che facciamo ha un impatto sul mercato. Il mercato è fortemente condizionato dalle scelte, dagli acquisti fatti o non fatti, dei consumatori.
Il cibo ci accompagna da sempre, da quando siamo nati; tutti abbiamo storie di cibo da raccontare, ricordi legati al cibo e ai suoi profumi, abitudini, preferenze, piatti che amiamo o che odiamo. I piaceri della tavola e della condivisione ci appartengono. La cultura del cibo è fondamentale, infatti il modo in cui produciamo, commerciamo, trasformiamo, mangiamo e anche sprechiamo e valutiamo il cibo esprime molto più di noi di quanto possiamo pensare [3]. Tuttavia, il modo in cui mangiamo è legato in maniera altrettanto forte alla società, alle strutture politiche ed economiche che circondano le nostre vite. Ciò che rende così indissolubile il legame tra noi e l’alimentazione è che il cibo è l’unica cosa che dobbiamo consumare ogni giorno.
Produzione e distribuzione alimentare: sfide e tendenze globali
Questa necessità vitale richiede che la gestione della produzione e approvvigionamento del cibo ne sia all’altezza. Secondo la United Nations Food and Agriculture Organisation (FAO), gli agricoltori di tutto il mondo forniscono oggi l’equivalente quotidiano di 2800 calorie di cibo per persona, che in un sistema alimentare ideale sono più che sufficienti per tutti. Gli squilibri che invece si riscontrano oggi, dove da un lato 850 milioni di persone soffrono la fame, dall’altro più del doppio sono in stato di sovrappeso o obese, sono causati da quegli stessi fattori che hanno plasmato la nostra civiltà: geografia, clima, politica, commercio, distribuzione, cultura e riduzione degli sprechi [3].
In questo scenario di disequilibrio, si identificano comunque alcune tendenze:
- nazioni sviluppate con una popolazione sovra-alimentata e nazioni in via di sviluppo con popolazioni che soffrono la fame;
- il sud del mondo tende a sprecare cibo a causa di infrastrutture non adeguate o mancanti, il nord del mondo spreca cibo per la sovrabbondanza dell’offerta rispetto alla domanda.
Ecco che ci troviamo nella situazione in cui la malnutrizione minaccia la salute dell’uomo elevando il tasso di mortalità per malattie croniche e la produzione alimentare rappresenta un pericolo per la resilienza degli ecosistemi. Il modo in cui il cibo viene prodotto, ciò che viene consumato e sprecato influisce sulla salute delle persone e dell’ambiente. È per questo che il cibo è il principale strumento per migliorare la salute dell’uomo e la sostenibilità ambientale del pianeta, come inteso dall’Accordo di Parigi e dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’ONU (Fig.2).
Inoltre, la EAT-Lancet Commission evidenzia come il sistema alimentare globale sia impegnato ad agire entro i confini della salute dell’uomo e della produzione alimentare per garantire entro il 2050 diete sane a partire da sistemi alimentari sostenibili per circa 10 miliardi di persone (Fig.3) [4].
Scelte alimentari e impatti sulla sostenibilità
Uno studio rileva che l’80% dei consumatori italiani è convinto che la sostenibilità si faccia anche attraverso i piccoli gesti quotidiani, lavorando sulle abitudini e sulle scelte d’acquisto; per questo motivo si dimostra disposto a cambiare le proprie abitudini alimentari per minimizzare l’impatto ambientale [5]. Una spinta importante in questa direzione si è vista dalla crescente proposta e richiesta di prodotti vegani e biologici, considerati dai consumatori come quei prodotti meno impattanti per l’ambiente. Ma quali sono gli impatti delle scelte alimentari sulla sostenibilità?
Per avere un quadro generale della situazione, parlando di produzione alimentare a livello mondiale possiamo affermare che [6, 7]:
- le emissioni di gas serra derivanti dalla filiera agroalimentare globale corrispondono a un terzo di tutte le emissioni di origine antropica;
- circa la metà (44%) della terra abitabile del mondo (esclusi ghiacciai e deserti) è utilizzata per l’agricoltura;
- il 70% dell’acqua dolce disponibile viene utilizzato a scopi agricoli;
- il 78% dell’inquinamento globale prodotto da un eccessivo apporto di sostanze fertilizzanti (eutrofizzazione) degli oceani e delle acque dolci è causato dall’agricoltura.
Impatti della produzione di carne e della pesca
Prendiamo in considerazione invece gli impatti della produzione di carne [8]:
- la sola produzione della carne è responsabile del 50% delle emissioni di gas serra del settore alimentare e incide per il 10-12% delle emissioni globali;
- il 25% della superficie coltivata mondiale è occupata da animali al pascolo o da campi coltivati per produrre mangimi, contribuendo in larga parte alla perdita di biodiversità e deforestazione;
- i diversi tipi di carne hanno un diverso impatto ambientale: i ruminanti (mucche e ovini) impattano molto di più delle altre produzioni (carne suina, pollame e uova) sia dal punto di vista delle emissioni che del consumo di suolo;
- l’allevamento contribuisce all’eutrofizzazione dei corsi d’acqua a causa dalle deiezioni degli animali se vengono liberate sui terreni.
Per quanto riguarda impatti della pesca:
- nel Mar Mediterraneo si riscontra uno stato generale di sovrasfruttamento degli stock commerciali, con oltre il 90% degli stock valutati al di fuori dei limiti biologici di sicurezza [9]. La pesca eccessiva impedisce agli animali di riprodursi e il rinnovamento delle popolazioni, questo determina grandi disequilibri per gli ecosistemi marini mettendo a rischio la biodiversità degli oceani;
- molte specie di animali marini protette e non destinati all’alimentazione (squali, tartarughe ecc..). sono in pericolo perché restano impigliate nelle reti involontariamente (fenomeno del Bycatch o Catture Indesiderate).
Questi rappresentano i principali impatti ambientali (E-Environment) legati alla produzione alimentare.
Impatti ambientali, sociali ed economici
Non sono da sottovalutare nemmeno gli impatti sociali (S-Social) derivanti dalla produzione alimentare:
- condizioni di lavoro nei diversi sistemi produttivi;
- diritti umani dei lavoratori e remunerazione;
- gli effetti sulla salute personale e pubblica legati alle diverse modalità di produzione del cibo;
- effettiva disponibilità e accessibilità del cibo (Food-security);
- condizioni igienico-sanitarie del cibo (Food-safety).
Infine, la produzione alimentare ha delle conseguenze anche a livello economico-organizzativo (G-Governance):
- ottimizzazione e circolarità dei processi;
- riduzione degli sprechi;
- valore percepito e prezzo;
- sistemi di certificazione;
- politiche nazionali e sovranazionali.
È evidente come gli impatti ESG siano tutti collegati tra di loro e si influenzino a vicenda.
Impatti dello spreco alimentare
Passando alla fase relativa all’acquisto e al consumo degli alimenti, ovvero la fase in cui è maggiormente possibile esercitare il controllo sulle scelte ed agire concretamente, consideriamo che nel valutare l’impatto di un alimento occorre analizzare l’intero ciclo di vita, dalla produzione in campo alla tavola, calcolandone gli sprechi lungo l’intera filiera (Food Loss) ed il non consumo (Food Waste), il cibo che viene sprecato a casa o le eccedenze di produzione della ristorazione), le tecnologie impiegate, i materiali impiegati per il packaging, i trasporti (caratteristiche dei mezzi, distanze e tempi di percorrenza), logistica di distribuzione, tempi di conservazione e costi per lo smaltimento.
L’ultimo Report sullo spreco di cibo delle Nazioni Unite riporta che [10]:
- il 19% del cibo a disposizione dei consumatori viene sprecato, a livello di vendita al dettaglio, di ristorazione e a livello domestico;
- a questo si aggiunge il 13% del cibo mondiale perso nella catena di approvvigionamento, successivamente alla raccolta fino alla rivendita;
- il 60% dello spreco alimentare avviene nelle famiglie;
- perdite e sprechi alimentari sono responsabili del circa 10% delle emissioni globali di gas serra (GHG), quasi 5 volte le emissioni totali del settore aereo.
- nei paesi a reddito medio, nelle città, si spreca più cibo che nelle aree rurali.
In particolare, per quanto riguarda l’Italia:
- nel 2022 sono stati sprecati 4 milioni di tonnellate di cibo lungo la filiera, corrispondenti a un valore di 9.301.215.981€;
- di questi 9 miliardi, il 26% si perde in agricoltura; il 28% nell’industria; l’8% nella distribuzione. La maggior parte è attribuita al consumo domestico;
- i dati del 2023 ci dicono che vengono buttati nel cestino 524,1 grammi di cibo a testa a settimana, circa 75 grammi al giorno, 27 kg all’anno. In queste cifre rientrano soprattutto verdure, frutta, pane [11].
Gli sprechi alimentari generano impatti ambientali, economici e sociali negativi, in quanto risultano inaccettabili di fronte a un miliardo di persone circa in condizione di sottoalimentazione.
Valutazione degli impatti delle scelte alimentari
La valutazione degli impatti delle scelte alimentari si basa sull’intero ciclo di vita del prodotto e tiene conto degli indicatori ambientali specifici come la carbon footprint (impronta carbonica), la water footprint (impronta idrica) e l’ecological footprint (impronta ecologica) (Tab. 1). Lo stesso vale per gli sprechi di cibo. La valutazione dell’impatto economico considera la quantificazione delle esternalità negative ed il costo del prodotto buttato via [12].
Quali possono essere gli effetti globali della variazione dello stile di vita alimentare personale? Il cambiamento individuale e il cambiamento sistemico sono due facce della stessa medaglia vista la costante interazione tra gli stili di vita delle persone e i sistemi sociali, culturali, politici ed economici in cui vivono e che contribuiscono a plasmare.
Rispetto alle diete medie attuali, le diete plant-based hanno il potenziale di ridurre le emissioni derivanti dal consumo alimentare di circa il 31%. È stato misurato che politiche di incoraggiamento (tramite anche l’utilizzo di incentivi e disincentivi economici) a un maggiore consumo di frutta e verdura possono spostare la domanda e ridurre le emissioni legate agli alimenti di quasi il 10% a livello globale.[2].
La piramide a sinistra (alimentare) (Fig.4) indica dal basso verso l’alto, gli alimenti secondo il grado di consumo suggerito. La piramide a destra, capovolta, ne riporta gli alimenti secondo l’impatto ambientale, dal basso al più alto [13].
Anche l’utilizzo di sistemi di cottura più efficienti, l’evitare un consumo eccessivo di cibo e la riduzione degli sprechi hanno un elevato potenziale di mitigazione delle emissioni in particolare nelle famiglie ad alto reddito. Inoltre, le diete a basso contenuto di carbonio tendono anche ad essere quelle più sane, offrendo così opportunità di allineamento delle politiche sanitarie e climatiche [2].
Conclusioni
A ogni nostra scelta corrisponde un impatto sulla sostenibilità. Gli impatti cambiano a seconda della scelta e dalle implicazioni a monte, tutto dipende dall’indicatore che scegliamo come rappresentativo della sostenibilità. Le azioni personali, incluse quelle alimentari, non vanno intese come azioni isolate o dal potenziale trascurabile rispetto agli interventi istituzionali, ma come componenti strutturali essenziali di una dimensione collettiva e sociale del cambiamento verso una dimensione più sostenibile.
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[1] Rapporto Brundtland, 1987
[2] Emissions Gas Report, 2020
[3] Carolyn Steel, Sitopia. How food can save the world, 2020
[4] EAT-Lancet Summary Report, 2019
[5] Future of Food, Deloitte
[6] https://ourworldindata.org/environmental-impacts-of-food
[7] F.N. Tubiello et al., Greenhouse gas emissions from food systems: building the evidence base, Environ. Res. Lett., 2021
[8] Giacomo Mauretto, Se pianto un albero posso mangiare una bistecca, 2023
[9] F. Colloca et al., Recent Trends and Impacts of Fisheries Exploitation on Mediterranean Stocks and Ecosystems, Front. Mar. Sci., 2017
[10] UN Food Waste Index Report 2024
[11] https://mondointernazionale.org/post/limpatto-economico-dello-spreco-alimentare
[12] V. Giannetti, M. Boccacci Mariani, Il fenomeno del food waste: gli sprechi alimentari da problema a risorse, 2018
[13] https://ecologico.altervista.org/lca-agroalimentare-limpatto-ambientale-della-nostra-alimentazione/
Erika Venturini e Mimosa Magnani
Erika Venturini e Mimosa Magnani, rispettivamente Ingegnere Gestionale e Biologa Ambientale, sono le founder di Sostenibilità Sopportabile, il business dedicato alle strategie di sostenibilità personale. Ottengono il Master in Gestione della Sostenibilità d’Impresa e adattano i principi della sostenibilità aziendale alla sfera personale, perché la sostenibilità è un percorso di cambiamento nel tempo fatto dalle persone, per le persone. Adottano un approccio scientifico e concreto per accompagnare le persone nel definire il proprio personale approccio alla sostenibilità, partendo dalle piccole azioni quotidiane, facili e sopportabili.