Indice
Introduzione
Il vino, prodotto tramandato attraverso millenni di storia, rappresenta un connubio unico tra tradizione e innovazione. Le sue origini risalgono a epoche antichissime; da allora, il vino ha viaggiato attraverso il tempo, assumendo un ruolo centrale nella cultura e nella gastronomia di molte civiltà. Nel corso dei secoli, il processo di produzione del vino ha conosciuto continue evoluzioni e perfezionamenti, con l’introduzione di nuove tecniche di coltivazione, fermentazione e invecchiamento.
Oggi, il mondo del vino si presenta come un affascinante universo di varietà, stili e regioni vinicole, offrendo una vasta gamma di esperienze sensoriali da esplorare. Dai rinomati vini rossi della Borgogna ai freschi vini bianchi della Nuova Zelanda, ogni sorso racconta una storia unica, riflettendo il territorio e le tecniche di produzione proprie di ogni luogo.
In questo contesto, la fermentazione alcolica e malolattica emergono come processi cruciali nella creazione del vino. L’interazione dinamica tra microorganismi durante queste fasi fermentative aggiunge complessità e profondità al prodotto finale, plasmando la sua aromaticità, la sua struttura corporea e il suo carattere distintivo. Attraverso questa intricata sinfonia enzimatica, il vino acquisisce sfumature uniche, riflettendo il terroir e le tradizioni vinicole di ogni regione [1].
La fermentazione malolattica
Il principale ruolo dei batteri lattici (LAB) nel vino è quello di condurre la fermentazione malolattica (FML) caratterizzata dalla bioconversione dell’acido malico in acido lattico. Tuttavia, la sua importanza va oltre la mera modifica dell’acidità del vino. Durante la FML, avvengono varie reazioni biochimiche da parte dei LAB che contribuiscono in modo significativo all’aroma, alla stabilità e alla struttura del prodotto finale. Ciò avviene sia mediante la sintesi di composti come il diacetile e gli esteri, sia mediante il rilascio di composti aromatici legati come gli aromi primari legati ai glicosidi e i tioli volatili, che sono inodore nella loro forma legata. I LAB possono anche liberare acidi idrossicinnamici dai loro esteri tartarici e hanno il potenziale per scindere glucosidi di antociani, influenzando così il colore del vino. Inoltre, i LAB mostrano attività peptidolitica e proteolitica che potrebbero scindere le proteine che causano la torbidità del vino, potenzialmente riducendo la necessità di aggiungere bentonite. Altre possibili contribuzioni includono l’attività pectinolitica, che potrebbe aiutare nella chiarificazione del mosto e la capacità di scomporre l’acetaldeide, anche quando legata all’anidride solforosa, riducendo così la necessità di aggiunte di SO2 durante la vinificazione [2].
Il progetto di ricerca
Il batterio Oenococcus oeni, appartenente alla famiglia dei Lactobacillaceae, è considerato finora il più adatto per completare la FML, grazie alle sue caratteristiche distintive, tra cui la resistenza all’ambiente ostile del vino, la tolleranza alle elevate concentrazioni di alcol e al basso pH. Le nuove tecnologie di sequenziamento di nuova generazione hanno permesso la scoperta di altri batteri ancora relativamente sconosciuti nell’ambiente viticolo, tra cui il Lentilactobacillus hilgardii. È un batterio eterofermentativo altamente promettente, mostrando anch’esso resistenza all’ambiente vino e un metabolismo fermentativo attivo anche a temperature molto basse (4-10°C). La capacità di L. hilgardii di fermentare a basse temperature la posiziona come un’ottima alternativa per la FML nelle zone ad alta latitudine e altitudine per l’enologia che a causa delle condizioni climatiche, i vini si caratterizzano per un’alta acidità e una aromaticità ridotta [3].
Il potenziale enzimatico di Lentilactobacillus hilgardii
In questo studio, ci si propone di esplorare, per la prima volta, il potenziale enzimatico di L. hilgardii attraverso un’analisi genomica comparativa con O. oeni, con l’obiettivo di valutare le loro somiglianze e differenze.
La maggior parte dei geni è stata trovata presente nel core-genome di entrambe le specie, tra cui la glicosidasi, la diacetile reduttasi, carbamoil-fosfato sintasi e la deaminasi dell’arginina. La glicosidasi agisce rompendo gli zuccheri e rilasciando composti che arricchiscono il profilo aromatico del vino. Queste molecole aromatiche, spesso legate agli zuccheri, vengono liberate dalla glicosidasi, regalando al vino una vasta gamma di profumi. Ma la glicosidasi non si limita alla formazione di aromi: contribuisce anche a stabilizzare il colore del vino garantendo la sua bellezza visiva nel tempo [4]. Se ami la morbidezza burrosa del tuo Pinot Noir preferito, ringrazia il diacetile reduttasi. Questo enzima è responsabile della formazione degli aromi burrosi a partire dalle molecole di diacetile e acetoino durante la fermentazione [5]. Gli ultimi due enzimi invece contribuiscono alla formazione di citrullina e carbamil fosfato, che reagiscono con l’etanolo per produrre etil carbammato. Sebbene l’etil carbammato possa migliorare il sapore del vino, è importante considerare le sue potenziali proprietà cancerogene, evidenziando il delicato equilibrio tra l’enhancement del sapore e le considerazioni sulla salute nella produzione del vino[6].
Altre reazioni enzimatiche legate alla produzione del vino invece sono state identificate solo nel core-genome di L. hilgardii. La cisteina proteasi, ad esempio, può essere vista come un agente di chiarificazione che svolge un ruolo significativo nel processo di vinificazione e invecchiamento del vino riducendo il “sedimento proteico”. Il tiolo perossidasi è coinvolto nella scomposizione dei tiolfenoli volatili, producendo la piacevole nota di fumo nei vini [7].
Enzimi coinvolti nella produzione di ammine biogene
Nel presente studio sono stati esaminati anche gli enzimi coinvolti nella produzione di ammine biogene, come l‘etanolamina, l’istaminaa e la putrescina di cui l’agmatina ne è il precursore[9].
La putrescina contribuisce a sapori indesiderati simili a quelli della decomposizione. Sebbene sia essenziale considerare il potenziale svantaggio rappresentato dalla produzione di amine biogene, è incoraggiante notare il potenziale, evidenziato dal ceppo di riferimento L. hilgardii FLUB, nella sua potenziale capacità di degradare la putrescina, l’ammina biogena più diffusa nel vino. In L. hilgardii si è ritrovata anche la istidinolo deidrogenasi, un enzima essenziale per la produzione di istidina. Questo enzima trasforma il L-istidinolo in L-istidina attraverso due reazioni che richiedono NAD. Successivamente, l’istidina viene convertita in istamina, un’amina biogena [8].
Differenze metaboliche: un’analisi basata su genome-scale models
Utilizzando genome-scale models e simulazioni in terreni sintetici di mosto ricchi e post-fermentazione alcolica, lo studio rivela differenze chiave tra L. hilgardii e O. oeni, sottolineando gli enzimi unici del primo che influenzano il metabolismo dei carboidrati. Questi enzimi svolgono ruoli cruciali nella modulazione del ciclo dell’acido citrico, del metabolismo del citrato e nell’incremento della complessità aromatica del vino [10]. La presenza del complesso 2-ossoglutarato deidrogenasi suggerisce influenze sulla difesa antiossidante e legami con composti solforati, con implicazioni per l’invecchiamento del vino. In condizioni di deplezione del glucosio, L. hilgardii mostra reazioni uniche legate alla FML, evidenziando potenziali nuove vie metaboliche.
Conclusioni
In conclusione, L. hilgardii, in base ai dati raccolti e sull’analisi pangenomica dell’intera specie, emerge come un possibile attore nel panorama della FML, con caratteristiche che lo rendono adatto a diverse sfide enologiche.
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[1] Styger, G., Prior, B., and Bauer, F. F. (2011). Wine flavor and aroma. J. Ind.Microbiol. Biotechnol. 38, 1145–1159. doi: 10.1007/s10295-011-1018-1014
[2] Virdis C, Sumby K, Bartowsky E, Jiranek V. Lactic Acid Bacteria in Wine: Technological Advances and Evaluation of Their Functional Role. Front Microbiol. 2021;11.
[3] Manera C, Rivas GA, Flores NE, Brizuela NS, Caballero AC, Semorile LC, et al. Prevalence of Lentilacobacillus hilgardii over Lactiplantibacillus plantarum in Low-Temperature Spontaneous Malolactic Fermentation of a Patagonian Pinot Noir. Fermentation. 2023;9:809.
[4] Devi A, Konerira Aiyappaa A, Waterhouse AL. Adsorption and biotransformation of anthocyanin glucosides and quercetin glycosides by Oenococcus oeni and Lactobacillus plantarum in model wine solution. J Sci Food Agric. 2020;100:2110–20
[5] Bartowsky EJ, Henschke PA. The ‘buttery’ attribute of wine—diacetyl—desirability, spoilage and beyond. Int J Food Microbiol. 2004;96:235–52.
[6] Masqué MC, Soler M, Zaplana B, Franquet R, Rico S, Elorduy X, et al. Ethyl carbamate content in wines with malolactic fermentation induced at different points in the vinification process. Ann Microbiol. 2011;61:199–206.
[7] Tomasino E, Cerrato DC, Aragon M, Fryer J, Garcia L, Ashmore PL, et al. A combination of thiophenols and volatile phenols cause the ashy flavor of smoke taint in wine. Food Chemistry Advances. 2023;2:100256.
[8] Köhler S, Dessolin J, Winum J-Y. Inhibitors of Histidinol Dehydrogenase. 2016. p. 35–46.
[9] Alberto MR, Arena ME, Manca de Nadra MC. Putrescine production from agmatine by Lactobacillus hilgardii: Effect of phenolic compounds. Food Control. 2007;18:898–903.
[10] Cappello MS, Zapparoli G, Logrieco A, Bartowsky EJ. Linking wine lactic acid bacteria diversity with wine aroma and flavour. Int J Food Microbiol. 2017;243:16–27.
Giorgio Gargari
Giorgio Gargari guida un gruppo di ricerca presso il Dipartimento di Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l'Ambiente dell'Università degli Studi di Milano. La linea ricerca si concentra sulla microbiologia enologica, con uno specifico interesse nella meta/genomica applicata al settore vinicolo. L'obiettivo primario è l’identificazione dei microorganismi coinvolti nelle fermentazioni e comprendere i pathway metabolici che influenzano la produzione dei principali metaboliti. Integrando i dati ottenuti con la metabolomica, si mira ad ottenere una visione completa dei processi fermentativi e delle loro implicazioni sulla qualità del vino.