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Cosa sono le new genomic techniques?
L’espressione “new genomic techniques” (NGT) può essere intesa come un termine ombrello comprendente in sé una serie di tecniche innovative di coltivazione di piante e vegetali il cui tratto comune è l’alterazione del DNA,la più diffusa delle quali è la CRISPR (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats) [1].
Negli ultimi anni, le «NGT» hanno conosciuto un’applicazione sempre più estesa, specialmente in paesi come Cina e Stati Uniti.
In Europa, invece, le istituzioni europee si sono interrogate circa la regolamentazione giuridica di queste tecnologie e le prospettive di diffusione, le quali sono state oggetto di un recente studio condotto dalla Commissione europea e pubblicato il 29 aprile 2021 [2] (Fig. 1).
Già alla fine del 2019, infatti, il Consiglio dell’Unione europea aveva invitato la Commissione ad esprimersi circa l’opportunità di regolamentazione delle NGT alla luce di una decisiva pronuncia della Corte di Giustizia del 2018, con la quale tali tecniche erano state ricondotte nell’ambito di applicazione della direttiva n. 2001/18 sugli Organismi geneticamente modificati (OGM) (Fig. 2).
Nello studio, le NGT sono definite come quelle tecniche idonee ad alterare il materiale genetico di un organismo, sviluppate a partire dal 2001, anno di adozione della disciplina riguardante gli OGM. Le NGT possono essere utilizzate nella coltivazione delle piante, dei vegetali, nell’allevamento degli animali, nella crescita di microrganismi destinati al settore agroalimentare, ma possono, altresì, trovare applicazione nel settore della farmaceutica [3].
Quali prospettive per la regolamentazione?
Il problema relativo alla qualificazione giuridica delle «New genomic techniques» in Europa è venuto alla luce a seguito della pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea (grande sezione) del 25 luglio 2018, causa C – 528/16, Confédération paysanne e a. c. Premier ministre, Ministre de l’Agriculture, de l’Agroalimentaire et de la Forêt [4].
Nella pronuncia, i giudici europei avevano ritenuto che gli organismi ottenuti per mutagenesi – ossia sottoposti ad un mutamento di DNA – dovessero essere considerati organismi geneticamente modificati, ai sensi dell’art. 2, punto 2, della direttiva 2001/18, e, conseguentemente, sottoposti alla relativa disciplina.
A tale conclusione la Corte era giunta attraverso un’interpretazione sistematica della direttiva: i giudici erano partiti dalla definizione di OGM come «organismo il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l’accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale», prendendo poi in considerazione l’elenco, contenuto nell’Allegato I A parte 1, delle tecniche che prevedono una mutazione generica, tra le quali, in base ad un’interpretazione estensiva, i giudici avevano fatto rientrare le tecniche di mutagenesi [5].
La riconduzione delle new genomic techniques all’interno della disciplina sugli OGM ha una serie di conseguenze rilevanti sul piano giuridico: in primo luogo, comporta la sottoposizione di tali organismi alla complessa procedura di autorizzazione preventiva all’emissione deliberata di OGM nell’ambiente prevista dalla direttiva 2001/18, alla valutazione di rischio ambientale svolta a livello centralizzato dall’EFSA a norma del Regolamento (CE) n. 1829/2003 e agli obblighi in materia di tracciabilità dei prodotti a base di OGM prevista dal Regolamento (CE) n. 1830/2003.
Questo rende, di fatto, gravoso per l’operatore del settore alimentare il ricorso a tali tecniche [6].
La decisione della Corte di Giustizia è stata accolta con favore dagli operatori di quei settori della filiera agroalimentare che fanno dell’«OGM free» il proprio punto di forza – come il settore del biologico – o che appartengono ai paesi europei che si sono dichiarati «OGM free», in forza della libertà loro riconosciuta dalla direttiva 2015/412, la quale, modificando la direttiva 2001/18, ha consentito agli Stati di poter escludere tutto o parte del loro territorio dall’autorizzazione alla coltivazione di OGM (Fig. 3).
Potenzialità e preoccupazioni dell’adozione delle NGT
Lo studio condotto dalla Commissione europea sullo stato dell’arte delle new genomic techniques in Europa ha costituito un momento decisivo nella discussione circa l’ammissibilità e le sorti future nell’applicazione e diffusione di tali tecniche.
La Commissione, difatti, ha riconosciuto l’elevato potenziale e l’utilità dell’implementazione delle NGT: queste potrebbero giocare un ruolo fondamentale nel raggiungimento degli obiettivi del Green new deal europeo e nella strategia from farm to fork, aspetti su cui si fonda la nuova PAC 2023-2027.
Tuttavia, lo studio ha posto in evidenza l’intrinseca inidoneità dell’attuale disciplina sugli OGM a regolare il nuovo fenomeno, e dunque la necessità dell’adozione, da parte del legislatore europeo, di nuove regole uniformi e che meglio si adattino alle peculiarità delle NGT.
Questo soprattutto alla luce del fatto che l’approccio differenziato al fenomeno da parte dei singoli Stati, com’è avvenuto per gli OGM, potrebbe portare alla creazione di barriere commerciali e a conseguenti svantaggi per i produttori.
Allo stesso tempo, la Commissione sottolinea la diffidenza verso le NGT di alcuni Stati membri: le preoccupazioni sono principalmente legate alla sicurezza, in quanto alcuni temono il verificarsi, sul lungo termine, di effetti rischiosi per la salute umana legati alla modificazione genetica, come la produzione di nuove tossine o allergeni.
Allo stesso tempo, si teme l’impatto, per certi aspetti imprevedibile, che tali tecniche potrebbero avere sull’ambiente, sulla tutela della biodiversità, nella coesistenza con l’agricoltura biologica e senza OGM e le problematiche che potrebbero sorgere in materia di etichettatura dei prodotti ricavati con NGT.
D’altra parte, lo stesso studio rileva come diversi Stati membri riconoscano i potenziali vantaggi dell’uso delle NGT, specialmente nella coltivazione delle piante, che potrebbero sviluppare una maggiore resistenza alle malattie, ai pesticidi, nonché ai cambiamenti climatici, come lunghi periodi di siccità.
Il passo successivo è effettuare una valutazione d’impatto attraverso una consultazione pubblica per elaborare strategie sulla regolamentazione dei vegetali ottenuti tramite «NGT».
Conclusioni
In vista di una regolamentazione compiuta del fenomeno, sarà necessario che le Istituzioni europee avviino un dialogo con gli Stati membri e con gli stakeholder, che tenga conto della pluralità degli interessi in gioco.
Decisiva sarà la conduzione di una campagna di informazione capillare che renda i consumatori realmente consapevoli dei risvolti scientifici e del possibile impatto sulla salute e sull’ambiente delle NGT.
Infatti, un sondaggio Eurobarometro del 2019 commissionato da EFSA, e riportato nello studio della Commissione, ha rilevato come soltanto il 21% dei consumatori europei sia al corrente dell’esistenza delle NGT [9].
Queste azioni si rendono quanto mai urgenti, specialmente in visione dell’attuazione della nuova PAC 2023-2027 che fa della tutela dell’ambiente e della biodiversità, e della preservazione della qualità del cibo i propri obiettivi cardine.
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[1] Van Der Meer P. e a., The Status under EU Law of Organisms Developed through Novel Genomic Techniques, in European Journal of Risk Regulation, Vol. 0:0, 2021;
[2] Commission staff working document – Study on the status of new genomic techniques under Union law and in light of the Court of Justice ruling in Case C-528/16, Brussels, 29.4.2021, su https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_21_1985;
[3] Ricroch A. E. e a., Next biotechnological plants for addressing global challenges: The contribution of transgenesis and new breeding techniques, in New BIOTECHNOLOGY, 66, 2021;
[4] Corte giustizia UE (grande sezione), 25 luglio 2018, n. 528, causa C-528/16, Confédération paysanne e a. c. Premier ministre, Ministre de l’Agriculture, de l’Agroalimentaire et de la Forêt, in curia.europa.eu;
[5] Purnhagen K. e Wesseler J., EU Regulation of New Plant Breeding Technologies and Their Possible Economic Implications for the EU and Beyond, in Applied Economic Perspectives and Policy (2021), vol. 43, n. 4, p. 1621 ss.;
[6] L. Costato, L. Russo, Corso di diritto agrario e dell’Unione europea, Giuffré, Milano, 2019, 195 ss.;
[7] F. Albisinni, Strumentario di diritto alimentare europeo, Wolters Kluwer, Milano, 2018, 406 ss.;
[8] Corte cost., 26 gennaio 2021, n. 23, in cortecostituzionale.it;
[9] Special Eurobarometer Wave EB91.3, Food safety in the EU, 2019.
Camilla Gernone
Camilla Gernone è dottoranda di ricerca in Diritto Agroalimentare presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli studi di Bari. Si occupa degli aspetti giuridici riguardanti la tutela e la promozione della qualità dei prodotti agroalimentari. La passione per la ricerca e un’innata curiosità la spingono costantemente ad intraprendere nuovi percorsi e a cogliere nuove opportunità, come quella di scrivere articoli divulgativi per Food Hub.